Stoccaggio rifiuti non autorizzato: è responsabile chi colloca il cassone?
Chi è incaricato del trasporto e della collocazione di un cassone scarrabile dalla sede del nolo a destinazione può essere imputato di smaltimento illecito di rifiuti? La corte di Cassazione chiarisce il caso
Quando la gestione dei rifiuti diventa un problema, chi è responsabile? La questione della responsabilità nello stoccaggio non autorizzato di rifiuti è un tema sempre più sensibile, sia per le autorità che per i cittadini. Ma cosa succede quando gli strumenti per la gestione dei rifiuti, come cassoni e attrezzature, vengono forniti a nolo? Chi è responsabile se questi strumenti vengono utilizzati in modo illegale? Una recente sentenza della Corte di Cassazione: la n. 42610/2024, ha gettato luce su un caso emblematico, mettendo in evidenza le complesse implicazioni legali per chi fornisce questi servizi e per chi li utilizza.
La sentenza in esame riguarda il ricorso proposto dal conducente di una ditta di nolo di una cassone scarrabile per contenere rifiuti edili contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per illegittimo smaltimento di rifiuti.
Questa sentenza aveva confermato la condanna inflitta dal Tribunale, che aveva riconosciuto il protagonista della vicenda colpevole del reato previsto dagli articoli 192 e 256 del D. Lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente). Il reato consisteva nell’effettuare attività di stoccaggio di rifiuti non autorizzata, in particolare materiali inerti depositati in un cassone a bordo strada, qualificabili come rifiuti speciali non pericolosi.
La condanna si basava sul fatto che il conducente della ditta noleggiatrice aveva collocato un cassone sul suolo pubblico a bordo strada, per conto dell’impresa edile che stava eseguendo alcuni lavori di riqualificazione. Il cassone, di proprietà della ditta noleggiatrice, era stato riempito di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da scavi e cumuli di rifiuti solidi urbani. La Corte d’Appello aveva confermato che il conducente doveva rispondere della contravvenzione come “utilizzatore” del cassone, nonostante non fosse il proprietario dei rifiuti né il titolare della ditta incaricata dello smaltimento.
Il conducente proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo due motivi principali:
mancanza di motivazione: la difesa ha denunciato la mancanza di motivazione nella sentenza del Tribunale e nella successiva decisione della Corte d’Appello. Secondo la difesa, la motivazione non spiegava adeguatamente il ragionamento probatorio che fondava la condanna. Inoltre, si contestava che il conducente potesse essere considerato un concorrente nel reato, sostenendo che si era limitato a trasportare il cassone dal cantiere al centro di raccolta;
illogicità della motivazione: la difesa ha anche denunciato la manifesta illogicità della motivazione, sostenendo che l’imputato, in qualità di autista della ditta noleggiatrice, si era limitato a trasportare il cassone e non poteva essere ritenuto responsabile del reato di stoccaggio. La documentazione prodotta dalla difesa includeva un contratto di noleggio del cassone, una fattura per le prestazioni svolte e un formulario per ogni trasporto di rifiuti effettuato nell’interesse dell’impresa edile.
Cassazione: il reato di stoccaggio di rifiuti non autorizzato, in un luogo diverso da quello di produzione, è stato reso possibile dalla collocazione del cassone sulla pubblica via
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e ha ritenuto che la sentenza di appello fosse corretta nella sua motivazione. La Corte ha stabilito che la condotta del ricorrente, consistente nel collocare il cassone sulla pubblica via per consentire ai dipendenti dell’impresa edile di conferirvi i rifiuti prodotti dall’attività edilizia, costituiva un’attività di stoccaggio non autorizzata. La documentazione allegata al ricorso non ha intaccato la tenuta logica della conclusione che sorregge la condanna, poiché confermava che il cassone era stato collocato sulla pubblica via proprio per consentire il conferimento dei rifiuti.
Inoltre, la Corte ha precisato che la collocazione del cassone sulla pubblica via escludeva la possibilità di configurare un deposito temporaneo, che presuppone il deposito dei rifiuti sull’intera area su cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti. La Corte ha anche precisato che:
per luogo di produzione del rifiuto va inteso non solo quello ove lo stesso è stato materialmente prodotto ma anche quello nella disponibilità del produttore che sia funzionalmente collegato al precedente
e che l’onere di dimostrare l’esistenza del collegamento fra il luogo di stoccaggio e quello di produzione dei rifiuti incombe sulla parte privata, onere che il ricorrente non aveva assolto.
Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Per maggiore approfondimento, leggi anche “Rifiuti edili: guida completa per la corretta gestione“
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