Recupero edilizio e recupero paesaggistico: quali le differenze?

Recupero edilizio e recupero paesaggistico: quali le differenze?

Qual è il confine tra costruire e preservare? Il recupero edilizio e la tutela del paesaggio si scontrano in un delicato equilibrio. Una sentenza del Tar Sicilia fa luce su un’annosa questione: fino a che punto possiamo trasformare senza compromettere la bellezza che ci circonda?

Dietro ogni progetto negato si cela una battaglia tra sviluppo e tutela, tra il cemento che avanza e la bellezza da preservare. Quando un “no” blocca una costruzione, si apre un duello interpretativo sulle leggi, sui piani paesaggistici e sull’equilibrio delicato tra ciò che si vuole costruire e ciò che si deve proteggere. Questa è la storia di un braccio di ferro tra privati e Soprintendenza, dove il Tar Sicilia con la sentenza n. 531/2025 è chiamato a fare chiarezza su un confine sfumato: quello tra recupero edilizio e salvaguardia del paesaggio.

Le protagoniste del caso di oggi presentavano ricorso contro l’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana, nello specifico contro la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali, in merito al diniego di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di due garage pertinenziali interrati. Questi garage erano destinati a servire i fabbricati di proprietà delle ricorrenti, situati in una amena località nell’Isola di Filicudi (Lipari).

Più in dettaglio, le ricorrenti erano proprietarie di un complesso di edifici in stile eoliano, con relative corti e terreni circostanti, per un totale di 10.174 m2. Su questa proprietà, era in corso un intervento di recupero edilizio tramite manutenzione straordinaria, regolarmente autorizzato dal Comune e precedentemente approvato dalla Soprintendenza.

Per preservare l’area verde circostante e le abitazioni dal nuovo parcheggio di veicoli, le proprietarie avevano richiesto l’autorizzazione per la costruzione di due garage interrati, da situarsi nel sottosuolo di un terrazzamento agricolo preesistente, sostenuto da un muro in pietra a secco.

La Soprintendenza aveva emesso un preavviso di rigetto, motivato dalla necessità di preservare il paesaggio e conservare il suolo e la natura, considerata l’alta valenza paesaggistica della zona. Le ricorrenti avevano presentato delle osservazioni, sottolineando come l’intervento avrebbe avuto un impatto visivo minimo, limitato alle sole aperture di accesso ai garage praticate nel muro di pietra.

Tuttavia, la Soprintendenza confermava il diniego, basandosi sul fatto che l’area ricadeva in ambito del Piano Territoriale Paesistico (PTP) delle Isole Eolie, destinato alla conservazione del paesaggio tradizionale e dove le opere di urbanizzazione sono ammesse solo per i nuclei esistenti e per i servizi strettamente necessari. La Soprintendenza riteneva quindi il progetto incompatibile con i regimi di conservazione e tutela paesaggistica, in quanto avrebbe determinato un’alterazione negativa dello stato dei luoghi.

Le ricorrenti contestavano il provvedimento della Soprintendenza, adducendo i seguenti motivi:

istruttoria insufficiente e travisamento del progetto: secondo le ricorrenti, l’art. 27 del Piano Paesistico delle Isole Eolie avrebbe consentito attività di restauro e recupero edilizio, come quelle in corso nella loro proprietà. Inoltre, la realizzazione dei garage interrati non avrebbe costituito una nuova edificazione, in quanto non avrebbe comportato la creazione di nuova cubatura visibile dall’esterno, limitandosi alle aperture di accesso nel muro di contenimento del terrazzamento;
motivazione insufficiente e illogica: le ricorrenti lamentavano la mancanza di una motivazione puntuale sulle ragioni per cui l’intervento avrebbe costituito una “alterazione negativa dello stato dei luoghi”. Contestano, quindi, la violazione dei principi di buon andamento, ragionevolezza, proporzionalità e collaborazione.

Il Tar Sicilia: il recupero edilizio è volto a limitare e contenere il carico urbanistico, il recupero paesaggistico a limitare il carico paesaggistico in termini di impatto sui valori e sulla difesa del paesaggio

Il Tribunale Amministrativo Regionale ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il Tar ha motivato la sua decisione sulla base delle seguenti considerazioni.

Interpretazione del Piano Territoriale Paesistico (PTP)

Il Tar ha evidenziato che il PTP vieta il “recupero edilizio” con variazione d’uso solo se comporta “ampliamenti o variazione tipologica”. Il tribunale ha riconosciuto una certa ambiguità nelle definizioni, derivante dalla sovrapposizione tra la normativa edilizia (D.P.R. n. 380/2001) e quella paesaggistica (D.Lgs. n. 42/2004):

Sul punto deve evidenziarsi in nessuno dei predetti testi normativi citati sia rinvenibile la definizione e la relativa nozione di “recupero edilizio” (assonante ma non coincidente con la nozione di “recupero urbanistico”) che nel d.P.R. n. 380 del 2001 viene richiamato solo come un obiettivo da incentivare legittimando deroghe alla normativa edilizia (artt. 2, comma 1-quater, 14, comma 1-bis, 16, comma 10, 17, comma 4-bis, 23-quater, comma 1, 24, comma 5-ter, 122, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001) funzionali al riutilizzo e del patrimonio edilizio già esistente.

Anche il d.lgs. n. 42 del 2004 non detta una nozione di “recupero” limitandosi a richiamarlo per delineare la finalità del “restauro” la cui nozione è dettata dall’art. 29, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004 secondo cui “Per restauro si intende l’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali.

In sintesi:

il D.P.R. 380/2001 menziona il “recupero edilizio” come un fine da promuovere, autorizzando delle eccezioni alle regole edilizie per favorire il riutilizzo degli edifici esistenti;
il D.Lgs. 42/2004 usa il termine “recupero” solo per spiegare lo scopo del “restauro”, che consiste nel riparare e proteggere un bene culturale.

Distinzione tra Recupero Edilizio e Recupero Paesaggistico

Il Tar ha sottolineato che, in assenza di una definizione normativa univoca di “recupero edilizio”:

la nozione di “recupero edilizio” non descrive le tipologie di interventi edilizi, ma si declina come una determinata finalità che, seppur avente un ambito semantico comune, non consente una completa sovrapposizione tra nozioni edilizie e paesaggistiche, giacché volti a limitare e contenere il “carico urbanistico” – ossia degli “abitanti potenzialmente insediabili” in un determinato territorio e pertanto influenti sulla relativa domanda di strutture e opere collettive parametrata secondo gli standards previsti dal D.M. n. 1444/1968 – e il “carico paesaggistico” di un intervento che può non esaurirsi nella sua mera percepibilità esterna – diretta e immediata –, ma può tenere conto dei potenziali effetti sulla stabilità e sulla conformazione del profilo esterno dell’area interessata: così la realizzazione di volumi interrati non percepibili esternamente può assumere rilevanza paesaggistica, non di per sé, ma in quanto potenzialmente incidente sullo specifico valore paesaggistico tutelato, avendo riguardo, ad esempio, al regolare sviluppo della vegetazione (Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2021, n. 40), alla conservazione e protezione del manto arboreo (Cons. Stato, sez. IV, 30 novembre 2020, n. 7579) e al potenziale effetto alterante dello stato dei luoghi.

In altre parole, è necessario distinguere tra l’ambito edilizio e quello paesaggistico. Mentre il “carico urbanistico” si riferisce al numero di abitanti potenzialmente insediabili e alla conseguente domanda di servizi, il “carico paesaggistico” riguarda l’impatto di un intervento sui valori paesaggistici tutelati.

Volumi interrati e autorizzazione paesaggistica: il Tar ha evidenziato che la realizzazione di volumi completamente interrati, anche se non percepibili esternamente, richiede autorizzazione paesaggistica, poiché potenzialmente comportano modifiche permanenti della morfologia del terreno e incidono sugli assetti vegetazionali.

Nel caso in questione, il Tar ha ritenuto che l’intervento proposto, ovvero la realizzazione di garage interrati all’interno di un terrazzamento esistente, non comportasse un “ampliamento” tale da compromettere i valori paesaggistici tutelati. Di conseguenza, il Tar ha concluso che la Soprintendenza avrebbe dovuto valutare l’intervento con maggiore discrezionalità, tenendo conto delle specifiche caratteristiche del progetto, come l’utilizzo di materiali locali e la copertura dei garage con terreno vegetale.

In sintesi, il Tar ha accolto il ricorso, sottolineando la necessità di distinguere tra recupero edilizio e recupero paesaggistico e ritenendo che, nel caso specifico, l’intervento proposto non comportasse un’alterazione significativa dei valori paesaggistici tutelati.

 

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