Nuovi CAM edilizia 2026 in Gazzetta
Criteri Ambientali Minimi per le opere pubbliche aggiornati ed estesi ai servizi di progettazione e direzione lavori. Testo PDF e analisi tecnica delle novità
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre 2025 il Decreto 24 novembre 2025, che introduce i nuovi Criteri Ambientali Minimi (CAM) per l’affidamento dei servizi di progettazione e dei lavori relativi agli interventi edilizi.
Il provvedimento, che entrerà in vigore dopo 60 giorni dalla pubblicazione, ossia il 1° febbraio 2026, sostituisce il D.M. 256/2022.
La revisione del D.M. 256/2022 si è resa necessaria per adeguare i criteri al nuovo Codice Appalti, alle più recenti evoluzioni tecnologiche, alla normativa ambientale e all’andamento dei mercati. L’obiettivo è rendere più efficace l’integrazione degli aspetti ambientali nei contratti pubblici relativi a progettazione, direzione lavori ed esecuzione di interventi edilizi.
Il processo di aggiornamento è stato condotto tramite un confronto strutturato con i principali stakeholder del settore, inclusi i referenti del Ministero dello Sviluppo Economico, del MEF e dell’ANAC, al fine di assicurare criteri tecnici coerenti e applicabili.
Per una corretta applicazione dei CAM può tornarti utile un software capitolati speciali d’appalto con una banca dati di modelli e documentazioni sempre aggiornati al codice appalti e ai criteri ambientali minimi.
Di seguito una sintesi tecnica delle principali novità.
Regole transitorie
Le disposizioni previste dal D.M. 256/2022, già aggiornate dal decreto del 5 agosto 2024, continueranno ad applicarsi anche dopo l’entrata in vigore del nuovo decreto.
Questo vale soprattutto per tutte quelle procedure che si trovano in una fase avanzata o che si basano su progetti già validati secondo la normativa precedente.
Più nello specifico, il regime transitorio interessa:
gli affidamenti congiunti di progettazione esecutiva e lavori che utilizzano come base di gara un progetto di fattibilità tecnico-economica (PFTE) validato sotto il D.M. 256/2022 (come modificato nel 2024). Per rientrare nel regime transitorio, il bando o l’avviso di gara — o, per le procedure senza bando, l’invito a presentare offerta — deve essere pubblicato o inviato entro tre mesi dalla data di validazione del PFTE;
le procedure e i contratti relativi all’esecuzione di lavori basati su un progetto esecutivo validato secondo il D.M. 256/2022 (modificato nel 2024). Anche in questo caso, per continuare ad applicare le vecchie disposizioni, la pubblicazione del bando o l’invio dell’invito a presentare offerta deve avvenire entro tre mesi dalla validazione del progetto esecutivo utilizzato come base di gara.
Ambito di applicazione
I nuovi CAM edilizi si applicano a tutti i contratti pubblici che riguardano:
servizi di progettazione e direzione lavori per interventi edilizi e opere di ingegneria civile;
l’esecuzione di lavori di costruzione, ristrutturazione, manutenzione e adeguamento.
L’ambito di applicazione non è limitato ai soli edifici, ma si estende a qualsiasi tipo di manufatto o opera, fino alla pubblicazione di CAM specifici per categorie particolari.
Ad esempio, per le infrastrutture stradali continuano a valere i criteri definiti dal D.M. 5 agosto 2024, noti come CAM Strade, e va sempre utilizzata l’ultima versione aggiornata, anche in caso di decreti correttivi o modifiche successive.
Per gli interventi che riguardano solo una parte dell’opera, i CAM si applicano limitatamente alla porzione oggetto di intervento, mentre, nei contratti di servizi e lavori di manutenzione, i criteri ambientali devono essere applicati in relazione all’oggetto specifico dell’affidamento, come indicato nei singoli criteri del decreto.
Le disposizioni del presente provvedimento si applicano, altresì, all’aggiudicazione dei lavori pubblici da realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire o di un altro titolo abilitativo, quando essi eseguono opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, oppure in regime di convenzione, secondo quanto previsto dal D.P.R. 380/2001 e dal Codice Civile.
I CAM devono essere applicati anche agli edifici sottoposti alla disciplina del Codice dei beni culturali e del paesaggio, così come a quelli di interesse storico, culturale o testimoniale individuati dalla pianificazione urbanistica, fatta eccezione per i criteri minimi o premianti che risultino incompatibili con gli interventi di conservazione. In caso di procedure aggregate senza previa identificazione delle stazioni appaltanti aderenti, la centrale di committenza o il soggetto aggregatore deve indicare nella documentazione di gara i CAM applicabili e le modalità di applicazione. Le specifiche tecniche e le clausole contrattuali che richiedono l’identificazione degli immobili o degli interventi trovano applicazione durante l’esecuzione del singolo contratto attuativo, secondo le indicazioni della centrale di committenza o del soggetto aggregatore.
Ciclo di Vita (LCA)
I nuovi CAM edilizi 2025 introducono importanti novità nell’integrazione dell’analisi del ciclo di vita (LCA) e del Life Cycle Costing (LCC), rafforzando significativamente l’approccio rispetto ai criteri previsti dal 2022.
Nei precedenti CAM, LCA e LCC erano menzionati soprattutto come metodologie premianti (Capitolo 2.7), mentre oggi diventano strumenti essenziali per la redazione della Relazione di Sostenibilità dell’opera, come previsto dall’Allegato I.7 del Codice.
L’LCA, secondo le norme UNI EN 15804 e UNI EN 15978, rappresenta la metodologia più efficace per valutare gli impatti ambientali potenziali dei prodotti e con i CAM 2025, l’analisi LCA/LCC è resa più chiara e standardizzata, limitandola a moduli e fasi specifiche del ciclo di vita dell’edificio. È inoltre previsto che la durata utile degli edifici considerata negli studi LCA/LCC, nota come RSL (Reference Service Life), non sia inferiore a 100 anni, garantendo una prospettiva di sostenibilità a lungo termine.
Tale prospettiva trova motivazione nel valore del patrimonio architettonico italiano ed è coerente con l’orizzonte temporale indicato come più congruo nella rappresentazione degli scenari climatici. Pertanto, ove si renda necessaria una variazione rispetto a questa durata, per caratteristiche o necessità specifiche del progetto (ad esempio nella progettazione di edifici temporanei), deve essere giustificata dal progettista nel rapporto LCA.
Inoltre, nell’ottica della semplificazione, le valutazioni LCA e LCC sono limitate ai seguenti elementi tecnici:
strutture portanti (fondazione, elevazione, solai);
chiusure esterne (chiusure opache e trasparenti, comprese le schermature, solai di copertura, solai controterra);
partizioni interne orizzontali (solai, pavimentazioni flottanti, controsoffitti, sottotetti);
partizione interne verticali (pareti divisorie opache e trasparenti);
strutture di collegamento (corridoi, ballatoi, scale);
rivestimenti interni ed esterni, incluse le pavimentazioni degli spazi esterni di pertinenza dell’edificio;
finiture (incluse le pitture).
Sono esclusi gli impianti, le sistemazioni esterne e gli arredi.
Inoltre, nel rapporto LCA il progettista dovrà giustificare la scelta dei tre indicatori utilizzati per la dimostrazione della prestazione di sostenibilità motivandone la rilevanza per il progetto specifico e tali indicatori scelti dal progettista costituiranno il riferimento per ogni eventuale confronto o analisi di proposte migliorative di cui ai successivi criteri “2.6.3 Metodologie di ottimizzazione delle soluzioni progettuali per la sostenibilità (LCA e LCC)” e “4.3.1 Metodologie di ottimizzazione delle soluzioni progettuali per la sostenibilità ambientale (LCA)”.
Inventario dello studio LCA con supporto del software
L’inventario per lo studio LCA deve essere costruito a partire dalle informazioni relative all’edificio (quantità di materiali, consumi energetici, consumi di risorse, ecc.) per la determinazione dei flussi in ingresso ed in uscita dal sistema di analisi, avvalendosi di dati specifici o generici per la costruzione del profilo ambientale.
Nella scelta dei dati da impiegarsi nello studio LCA, ove possibile devono essere preferiti dati primari ove non disponibili tali dati, potranno essere utilizzati dati generici quali ad esempio:
dati sul ciclo di vita medio del settore provenienti dai database LCI sottoposti a revisione critica;
studi LCA conformi a ISO 14044 sottoposti a revisione critica;
altri set di dati conformi alla norma EN 15804 che non sono stati sottoposti a revisione paritaria o verificati,
dati sul ciclo di vita medio del settore provenienti dai database LCI che non sono stati sottoposti a revisione critica;
relazioni delle associazioni industriali e statistiche governative;
dati provenienti da letteratura, articoli scientifici, studi di letteratura, studi di ingegneria e brevetti.
I criteri di qualità dei dati generici impiegati per l’analisi LCA dovranno rispettare quanto previsto in UNI EN 15941 e tutti i dati impiegati nella costruzione dell’inventario devono essere conformi alla norma UNI EN 15804.
È importante sottolineare, che il file in formato digitale dello studio LCA, così come esportato dal software LCA, deve essere reso disponibile tra i documenti di gara, specificando il nome commerciale e la versione del software utilizzato per lo studio. Ove possibile, si suggerisce di esportare e rendere disponibile il file anche in un formato condivisibile (es. ILCDs) in modo che possa essere letto da software LCA diversi da quello impiegato per la realizzazione dello studio.
Inoltre, per i lavori di cui all’art.34 – verifica preventiva della progettazione – commi a) e b) dell’allegato I.7 del D.Lgs. 36/2023, il rapporto LCA sviluppato nell’ambito della progettazione esecutiva, dovrà essere accompagnato da un attestato di verifica, condotta in accordo alla UNI CEN ISO/TS 14071 “Valutazione del ciclo di vita – Processi di riesame critico e competenze dei revisori:
Requisiti aggiuntivi e linee guida per la ISO 14044:2006 “, emesso da un Organismo di Certificazione accreditato per attività di Validazione
Verifica di Asserzioni ambientali in accordo a UNI CEI EN ISO/IEC 17029.
Progettazione in BIM
All’interno dei nuovi CAM 2026 la progettazione in BIM diventa una clausola contrattuale obbligatoria se l’appalto ricade nell’applicazione dell’Art. 43 del Codice dei Contratti Pubblici e tale implementazione deve includere le informazioni ambientali relative a manutenzione, recupero e riutilizzo futuri (es. norma EN ISO 22057:2022).
Inoltre, il progettista presenta una proposta all’interno dell’offerta di gestione informativa contenente le specifiche di carattere ambientale e tali specifiche, previa approvazione della stazione appaltante, verranno consolidate nel piano di gestione informativa.
Piano di manutenzione dell’opera
La stazione appaltante archivia il piano di manutenzione elaborato dal progettista, al fine di consentire l’esecuzione delle attività necessarie a garantire il mantenimento delle prestazioni durante l’esercizio dell’opera. Questo approccio non si limita esclusivamente agli edifici, ma si applica a qualsiasi intervento edilizio, comprese le nuove costruzioni, i lavori di demolizione e ricostruzione, il restauro e il risanamento conservativo, nonché le operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria.
Il progettista ha la responsabilità di redigere un piano di manutenzione generale, che raccolga tutta la documentazione necessaria per una gestione ottimale dell’opera durante la sua vita utile. Tale piano deve essere coerente con il piano di demolizione e con gli scenari di manutenzione, riparazione, sostituzione e fine vita dei materiali, sistemi e componenti, così come definiti nello studio LCA-LCC con lo scopo di pianificare le attività necessarie a mantenere le prestazioni dell’opera per l’intera durata del Reference Study Period (RSP).
Il piano di manutenzione comprende diverse sezioni, tra cui:
manuale d’uso;
manuale di manutenzione;
programma di manutenzione;
modalità e programma di verifica dei livelli prestazionali, qualitativi e quantitativi, in riferimento alle prestazioni ambientali di cui ai criteri contenuti in questo documento;
piano di gestione e irrigazione delle aree verdi;
ove previsto, programma di monitoraggio e verifica dell’efficacia delle misure di prevenzione e riduzione del radon secondo le modalità di cui all’allegato II sezione I del d.lgs 101/2020 avvalendosi dei servizi di dosimetri di cui all’art.155 (cfr. a tal proposito il criterio “2.3.11 Radon”).
Inoltre, in linea con le normative sul digitale e la gestione informativa delle costruzioni, la documentazione tecnica dovrebbe essere archiviata in formato BIM, garantendo l’interoperabilità dei dati e lo scambio di informazioni tramite i formati digitali IFC.
Infine, il progettista deve assicurarsi che per ogni materiale, componente o sistema siano chiaramente indicate le fonti dei dati utilizzati, le informazioni sulla durabilità e i valori impiegati per determinare gli scenari di manutenzione, riparazione e sostituzione.
I CAM 2025 introducono la possibilità di verificare e confrontare le Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD) tra i prodotti previsti dal progetto e quelli effettivamente proposti dall’operatore. Il confronto si basa su tre indicatori chiave, tra cui obbligatoriamente il GWP-total, con una tolleranza massima del 10%, assicurando trasparenza e coerenza nelle scelte materiali.
Diagnosi energetica
La diagnosi energetica rappresenta uno strumento fondamentale per la progettazione di interventi di riqualificazione energetica e ristrutturazione importante degli edifici.
La stazione appaltante a fornire i consumi effettivi degli edifici, ricavabili dalle bollette degli ultimi tre anni o, in alternativa, dell’ultimo anno se i dati precedenti non sono disponibili. Anche in caso di edifici inutilizzati per più di cinque anni, la stazione appaltante deve indicare il numero di utenti previsti e le ore di presenza.
Il D.M. 24/11/2025 precisa che la diagnosi energetica non si applica agli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria e fornisce un esempio pratico: in caso di ampliamento di un edificio esistente, se l’ampliamento è energeticamente autonomo, la diagnosi non è necessaria; se invece è connesso all’edificio principale, la diagnosi deve valutare sia la struttura esistente sia la nuova costruzione.
Tuttavia, il cambiamento più rilevante riguarda il criterio tecnico della diagnosi energetica, che deve essere sempre conforme alle Linee Guida della norma UNI/TR 11775. Nel D.M. 2022, per edifici con superficie utile tra 1.000 e 5.000 m² era prevista una diagnosi “standard”, mentre per edifici oltre i 5.000 m² era obbligatoria una diagnosi “dinamica”. Il D.M. 2025 elimina questa distinzione, imponendo sempre la diagnosi dinamica per tutti gli edifici con superficie utile superiore a 1.000 m². In questo modo, il metodo di calcolo del fabbisogno energetico per riscaldamento e raffrescamento diventa uniforme, e più preciso grazie alla norma UNI EN ISO 52016-1. Inoltre, ogni progetto deve includere una valutazione dei costi-benefici basata sul ciclo di vita dell’intervento, secondo UNI EN 15459.
Può essere di aiuto un software diagnosi energetica con il quale puoi conoscere facilmente il profilo di consumo energetico dell’edificio in questione, individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico facendo un calcolo tra costi e benefici ed effettuare la valutazione energetica adattata alla tua utenza.
Concentrazione di Radon
Il criterio si applica per progetti di nuove costruzioni, ristrutturazioni urbanistiche ed edilizie, demolizioni e ricostruzioni, restauri e risanamenti conservativi. È previsto anche per la manutenzione straordinaria, ma solo quando le opere interessano locali che toccano, anche solo in parte, il terreno, ovvero le zone più esposte alla risalita del gas.
Il progettista deve prevedere all’interno del progetto tutte le misure necessarie a prevenire o ridurre la concentrazione di radon negli ambienti destinati ad abitazione o lavoro. Le soluzioni possono essere integrate con gli interventi di efficientamento energetico e includere, ad esempio, membrane “anti-radon”, sistemi di ventilazione progettati per modificare le pressioni tra interno ed esterno dell’edificio, o altre tecniche che ostacolano l’ingresso e l’accumulo del gas. L’obiettivo è chiaro: garantire che la concentrazione annuale di radon non superi il livello di riferimento di 200 Bq/m³, come stabilito dal d.lgs. 101/2020 per gli edifici realizzati dopo il 31 dicembre 2024.
E tali novità riguardano in tutto il territorio, non solo nelle aree prioritarie individuate dalla normativa nazionale ai sensi dell’art.11 del D.Lgs. 101/2020. Inoltre, le misure progettate devono rispettare quanto indicato nel PNAR 2023-2032, adottato con D.P.C.M. 11 gennaio 2024, e nelle relative linee tecniche, oltre alle indicazioni della norma UNI ISO 11665-8 sulle modalità di misurazione del radon negli edifici.
Infine, per quanto riguarda la verifica, il progettista illustra in che modo il progetto ha tenuto conto di questo criterio progettuale. È previsto al termine dei lavori la misurazione della media annuale di Radon con le modalità di cui all’allegato II sezione I del D.Lgs. 101/2020, avvalendosi dei servizi di dosimetri di cui all’art.155, che rilasciano una relazione tecnica al termine delle misure con il contenuto indicato nel medesimo allegato.
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