La parità di genere tra i criteri premiali di aggiudicazione degli appalti

La parità di genere tra i criteri premiali di aggiudicazione degli appalti

Le imprese che vogliono ottenere un punteggio maggiore devono aver adottato politiche tese alla parità di genere ed essere certificate

Il nuovo Codice Appalti all’articolo 108 comma 7 include un riferimento specifico alla certificazione della parità di genere: le imprese che vogliono avere un punteggio più alto devono aver adottato politiche tese alla parità di genere e dimostrare di essere certificate (certificazione di cui all’art. 46-bis del Codice delle pari opportunità).

Appare evidente, quindi, l’importanza della certificazione che attesta l’adozione di politiche per le pari opportunità da parte delle stazioni appaltanti. Scompare “l’autocertificazione” della precedente normativa, la cui attendibilità doveva passare al vaglio della stazione appaltante “con qualsiasi mezzo adeguato”. Si parla di una certificazione della parità di genere rilasciata da enti accreditati, certificazione che deve avvenire in conformità alla prassi di riferimento UNI/PdR 125 da parte di organismi di valutazione accreditati (D.P.C.M. 29 aprile 2022).

Al fine di promuovere la parità di genere, le stazioni appaltanti prevedono, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46- bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.

Clausole sociali nei bandi di gara: la parità di genere

L’articolo 57 del Codice prevede l’obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi di gara, avvisi e inviti, specifiche “clausole sociali” con le quali sono richieste, come requisiti necessari
dell’offerta, misure orientate a garantire la stabilità del personale impiegato. L’articolo 57 del D.Lgs. 36/2023 ha subito delle modifiche dal Correttivo Appalti (D.lgs. 209/2024). Tali modifiche di nascono dall’esigenza di distinguere i vincoli legati alle clausole sociali dagli obblighi discendenti dall’articolo 11, in materia di tutele lavoristiche.

Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti hanno l’obbligo di inserire nei bandi di gara (negli avvisi e negli inviti, nel rispetto dei principi dell’Unione europea) specifiche clausole sociali con le
quali sono richieste, come requisiti necessari dell’offerta, misure orientate tra l’altro a:

garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, la stabilità occupazionale del personale impiegato, tenuto conto della tipologia di intervento, con particolare riferimento al settore dei beni culturali e del paesaggio;
garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, in conformità con l’articolo 11.

Il Correttivo ha poi aggiunto, ex novo, il comma 2-bis all’articolo 67 il quale specifica che l’allegato II.3 prevede meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità generazionali e di genere e per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità o persone svantaggiate.

La parità di genere nei progetti PNRR

Nell’ambito degli interventi di promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, particolare attenzione è stata posta negli ultimi anni agli interventi a sostegno del principio della parità di genere in tutte le sue forme e attività.

Come sottolineato dalla Commissione europea nella comunicazione relativa alla strategia per la parità di genere 2020-2025, finora nessuno Stato membro ha realizzato la parità tra uomini e donne: i progressi sono lenti e i divari di genere persistono nel mondo del lavoro e a livello di retribuzioni, assistenza e pensioni; nelle posizioni dirigenziali e nella partecipazione alla vita politica e istituzionale.

A livello globale, il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e della emancipazione di tutte le donne e le ragazze rappresenta uno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che gli Stati si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.

In Italia, l’azione legislativa negli ultimi anni si è focalizzata, da un lato, sul mondo del lavoro, che è stato oggetto di numerosi interventi normativi volti a riconoscere equiparazione dei diritti e maggiori tutele alle donne lavoratrici.

La centralità delle questioni relative al superamento delle disparità di genere viene ribadita anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per rilanciare lo sviluppo nazionale in seguito alla pandemia. Il Piano infatti, individua la parità di genere come una delle 3 priorità trasversali perseguite in tutte le missioni che compongono il Piano.

Aziende pubbliche e private fino a 50 dipendenti e oltre: obbligo o facoltà del rapporto sulle pari opportunità?

Secondo l’articolo 46 del D.Lgs. 198/2006:

le aziende pubbliche e private con oltre 50 dipendenti hanno l’obbligo di redigere un rapporto ogni 2 anni sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta;
le aziende pubbliche e private che occupano fino a 50 dipendenti possono, su base volontaria, redigere il rapporto di cui sopra.

Rapporto e relazione di genere

Secondo l’articolo 47 del D.L. 77/2021 gli operatori economici tenuti alla redazione del rapporto sulla situazione del personale producono, a pena di esclusione, al momento della presentazione della domanda di partecipazione o dell’offerta, copia dell’ultimo rapporto redatto, con attestazione della sua conformità a quello trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità.

Gli operatori economici, diversi da quelli appena menzionati e che occupano un numero pari o superiore a 15 dipendenti, entro 6 mesi dalla conclusione del contratto, sono tenuti a consegnare alla stazione appaltante una relazione di genere sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle professioni ed in relazione allo stato di assunzioni, della formazione, della
promozione professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di altri fenomeni di mobilità, dell’intervento della Cassa integrazione guadagni, dei licenziamenti, dei prepensionamenti e pensionamenti, della retribuzione effettivamente corrisposta. La relazione è tramessa alle rappresentanze sindacali aziendali e alla consigliera e al consigliere regionale di parità.

 

Fonte: Read More