A chi spetta provare la data di costruzione per abusi edilizi ante ’67?
Gli immobili costruiti ante ’67 non richiedevano permesso e non costituiscono abuso. Ma chi deve fornire prove certe sulla loro data di costruzione: il proprietario o l’amministrazione?
La sentenza del TAR Calabria n. 220/2025 approfondisce il tema degli abusi edilizi ante 1967 e l’onere della prova in relazione alla data di costruzione degli edifici. Il TAR, in linea con la giurisprudenza consolidata, ha confermato che spetta al proprietario dell’immobile provare con documenti certi che l’edificio è stato costruito prima del 1967 (data di introduzione dell’obbligo di licenza edilizia), in quanto l’amministrazione non è tenuta a dimostrare l’abusività, ma solo a constatarne l’esistenza.
Nel caso specifico, la ricorrente aveva impugnato un’ordinanza di demolizione di alcuni immobili realizzati senza titolo edilizio, sostenendo che le costruzioni fossero anteriori al 1967 e, quindi, non soggette all’obbligo di licenza edilizia.
La ricorrente sosteneva infatti che l’ordinanza di demolizione fosse illegittima per mancanza di comunicazione preventiva dell’avvio del procedimento, per insufficiente motivazione riguardo alla demolizione di edifici costruiti da molto tempo e per la mancata considerazione di prove documentali che attestavano la costruzione ante 1967. Inoltre, contestava la necessità di licenza edilizia per gli immobili, inclusi i muri di contenimento.
La difesa del Comune, invece, riteneva l’ordinanza valida in quanto atto vincolato, senza obbligo di motivazione preventiva, e sosteneva che le prove fornite dalla ricorrente non fossero sufficienti a dimostrare la data di costruzione degli edifici, fornendo elementi che indicavano una realizzazione successiva. In particolare, il Comune ribadiva che l’abuso edilizio non perde la sua natura con il passare del tempo e che l’amministrazione aveva il diritto di ordinare la demolizione senza ulteriori giustificazioni.
Il TAR ha respinto tutti i motivi del ricorso, confermando la legittimità dell’ordinanza di demolizione. In merito alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, il Tribunale ha ritenuto che l’ordinanza fosse un atto dovuto e vincolato in presenza di un abuso edilizio, senza la necessità di una comunicazione preventiva. Per quanto riguarda le costruzioni anteriori al 1967, il TAR ha ribadito che spetta al proprietario fornire la prova della data di costruzione precedente a quell’anno. Le prove presentate dalla ricorrente, come l’atto notarile, la visura storica, una relazione tecnica, delle fotografie e una dichiarazione sostitutiva, sono state giudicate insufficienti. In particolare, l’atto notarile del 1963 menzionava fabbricati, ma senza specifiche che potessero collegarli a quelli contestati. Al contrario, il Comune ha presentato immagini satellitari che suggerivano una costruzione successiva al 1967, e in un caso addirittura posteriore al 2012.
Per quanto riguarda la mancanza di motivazione, il TAR ha affermato che, pur essendo passato molto tempo dalla realizzazione dell’abuso, l’ordinanza di demolizione non necessitava di una motivazione aggiuntiva riguardo all’interesse pubblico. Infine, riguardo al muro di contenimento, il Tribunale ha applicato le stesse considerazioni sulla mancanza di prove per dimostrare che fosse stato costruito prima del 1967.
Il Tribunale ha anche rigettato la richiesta di una motivazione più dettagliata per la demolizione, dichiarando che l’abuso edilizio non si legittima con il semplice decorso del tempo.
Nella sentenza si specifica che “solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto, mentre l’amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno dell’intero suo territorio“.
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