
Fattore di struttura: cos’è e a cosa serve
Il fattore di struttura (rinominato fattore di comportamento) rappresenta un parametro fondamentale per l’analisi sismica delle strutture
Il dato di fattore di struttura, ridefinito fattore di comportamento nelle NTC 2018, riveste un ruolo importante nella valutazione della capacità dissipativa di una struttura. Questo parametro consente ai progettisti di evitare l’esecuzione di complesse analisi non lineari, semplificando il processo di calcolo e verifica delle strutture sottoposte a sollecitazioni sismiche.
Il software per il calcolo strutturale permette di calcolare in automatico il fattore di comportamento per le seguenti tipologie di strutture: cemento armato nuovo, muratura (nuovo ed esistente) e acciaio.
Fattore di comportamento – software EdiLus
Cos’è il fattore di struttura e a cosa serve
Il fattore di struttura rappresenta un parametro semplificato che permette di considerare il comportamento complessivo di una struttura durante un evento sismico. Questo fattore consente, mediante l’impiego di metodi lineari, di progettare le strutture tenendo conto degli effetti non lineari legati alle deformazioni plastiche. Il fattore di comportamento, rappresentato dalla lettera q nelle NTC 2018, è un parametro adimensionale che serve a ridurre le ordinate dello spettro di risposta elastico, trasformandole nello spettro di progetto.
Fattore di resistenza: spettro elastico e spettro di progetto
L’azione sismica che sollecita una struttura in combinazione sismica è determinata dallo spettro di progetto. Una volta noti i periodi di vibrazione della struttura, ottenuti tramite analisi modale, lo spettro di progetto consente di determinare l’accelerazione massima che l’edificio potrà subire durante un evento sismico con una specifica probabilità di accadimento. Questa accelerazione, moltiplicata per la massa sismica della struttura, permette di calcolare il tagliante sismico alla base dell’edificio.
La normativa fornisce gli spettri di risposta elastici, ottenuti dall’analisi di un oscillatore semplice con comportamento esclusivamente elastico, sottoposto a una serie di accelerogrammi rappresentativi. Tale modello teorico presuppone che il sistema possa subire spostamenti di qualsiasi entità senza plasticizzarsi, mantenendo sempre un comportamento elastico. Tuttavia, questa condizione è puramente ideale e non rappresenta la realtà delle strutture esistenti, per le quali sarebbe spesso antieconomico garantire una risposta interamente elastica anche in caso di sismi di elevata intensità.
È proprio in questo contesto che interviene il fattore di comportamento. Questo parametro consente di ridurre l’azione sismica progettuale, tenendo conto della capacità dissipativa della struttura, che, attraverso la formazione di cerniere plastiche e altri meccanismi di dissipazione dell’energia, permette di assorbire parte dell’input sismico senza compromettere la sicurezza dell’edificio.
Cosa sono gli spettri elastici
Gli spettri di risposta elastici sono strumenti grafici fondamentali nell’ingegneria strutturale e nel settore delle costruzioni, utilizzati per rappresentare la reazione di una struttura alle sollecitazioni sismiche. Questi diagrammi offrono una descrizione visiva del comportamento massimo atteso della struttura, espresso in termini di accelerazione, velocità o spostamento, in funzione delle esigenze specifiche dell’analisi.
Cosa sono gli spettri di progetto
A partire dallo spettro di risposta in accelerazione è possibile ottenere lo spettro di progetto, uno strumento utilizzato nella progettazione antisismica per tenere conto della capacità di dissipazione energetica e del comportamento non lineare delle strutture. Queste ipotesi permettono di progettare le strutture per forze sismiche inferiori rispetto a quelle che si otterrebbero con una risposta puramente elastica.
Fattore di comportamento: analisi lineare e non
L’analisi delle strutture soggette ad azione sismica può essere lineare o non lineare. L’analisi lineare può essere utilizzata per calcolare la domanda sismica nel caso di comportamento strutturale sia non dissipativo sia dissipativo.
In entrambi i casi, la domanda sismica è calcolata, quale che sia la modellazione utilizzata per l’azione sismica, riferendosi allo spettro di progetto ottenuto, per ogni stato limite, assumendo per il fattore di comportamento q, i limiti riportati nella tabella 7.3.I delle NTC 2018 con i valori dei fattori di base q0 riportati nella tabella 7.3.II.
Tabella 7.3.I – NTC 2018- limiti sul fattore di comportamento
NTC 2018 – Tab. 7.3.II – valori massimi del valore di base del fattore di comportamento allo SLV
Tabella 7.3.II – NTC 2018
Analisi non lineare
L’analisi non lineare può essere utilizzata sia per sistemi strutturali a comportamento non dissipativo, sia per sistemi strutturali a comportamento dissipativo (§ 7.2.2) e tiene conto delle non linearità di materiale e geometriche. Nei sistemi strutturali a comportamento dissipativo i legami costitutivi utilizzati devono tener conto anche della riduzione di resistenza e della resistenza
residua, se significative.
Valori del fattore di comportamento q
Nel caso di comportamento strutturale dissipativo, il valore del fattore di comportamento q, da utilizzare per lo stato limite considerato e nella direzione considerata per l’azione sismica, dipende:
dalla tipologia strutturale;
dal suo grado di iperstaticità;
dai criteri di progettazione adottati;
e considera, in modo convenzionale, le capacità dissipative del materiale impiegato.
Le strutture possono essere classificate come appartenenti ad una tipologia in una direzione orizzontale e ad un’altra tipologia nella direzione orizzontale ortogonale alla precedente, utilizzando per ciascuna direzione il fattore di comportamento corrispondente.
Il limite superiore qlim del fattore di comportamento relativo allo SLV è calcolato tramite la seguente espressione:
q = q0 · KR
dove:
q0 è il valore base del fattore di comportamento allo SLV, i cui massimi valori sono riportati in tabella 7.3.II (NTC 2018) in dipendenza della classe di duttilità, della tipologia strutturale, del coefficiente ‘λ di cui al § 7.9.2.1 e del rapporto ΅-αu/΅α1 tra il valore dell’azione sismica per il quale si verifica la plasticizzazione in un numero di zone dissipative tale da rendere la struttura un meccanismo e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione. La scelta di q0 deve essere esplicitamente giustificata;
KR è un fattore che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valore pari ad 1 per costruzioni regolari in altezza e pari a 0,8 per costruzioni non regolari in altezza.
Tipologie strutturali e fattori di comportamento
Le strutture sismo-resistenti in calcestruzzo armato previste dalle presenti norme possono essere classificate nelle seguenti tipologie:
strutture a telaio, nelle quali la resistenza alle azioni sia verticali che orizzontali è affidata principalmente a telai spaziali, aventi resistenza a taglio alla base ≥ 65% della resistenza a taglio totale;
strutture a pareti, nelle quali la resistenza alle azioni sia verticali che orizzontali è affidata principalmente a pareti (v. § 7.4.4.5), aventi resistenza a taglio alla base ≥65% della resistenza a taglio totale; le pareti, a seconda della forma in pianta, si definiscono semplici o composte (v. § 7.4.4.5), a seconda della assenza o presenza di opportune “travi di accoppiamento” duttili distribuite in modo regolare lungo l’altezza, si definiscono singole o accoppiate;
strutture miste telaio-pareti, nelle quali la resistenza alle azioni verticali è affidata prevalentemente ai telai, la resistenza alle azioni orizzontali è affidata in parte ai telai ed in parte alle pareti, singole o accoppiate; se più del 50% dell’azione orizzontale è assorbita dai telai si parla di strutture miste equivalenti a telai, altrimenti si parla di strutture miste equivalenti a pareti;
strutture a pendolo inverso, nelle quali almeno il 50% della massa è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione e nelle quali la dissipazione d’energia avviene alla base di un singolo elemento strutturale;
strutture a pendolo inverso intelaiate monopiano, nelle quali almeno il 50% della massa è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione, in cui i pilastri sono incastrati in sommità alle travi lungo entrambe le direzioni principali dell’edificio. In ogni caso, per questo tipo di strutture, la forza assiale non può eccedere il 30% della resistenza a compressione della sola
sezione di calcestruzzo;
strutture deformabili torsionalmente, composte da telai e/o pareti, la cui rigidezza torsionale non soddisfa ad ogni piano la condizione r2/ls2 nella quale:
r2= raggio torsionale al quadrato è, per ciascun piano, il rapporto tra la rigidezza torsionale rispetto al centro di rigidezza laterale e la maggiore tra le rigidezze laterali, tenendo conto dei soli elementi strutturali primari, per strutture a telaio o a pareti (purché snelle e a deformazione prevalentemente flessionale), r2 può essere valutato, per ogni piano, riferendosi ai
momenti d’inerzia flessionali delle sezioni degli elementi verticali primari.
ls2= per ogni piano, è il rapporto fra il momento d’inerzia polare della massa del piano rispetto ad un asse verticale passante per il centro di massa del piano e la massa stessa del piano; nel caso di piano a pianta rettangolare ls2= (L2 + B2)/12, essendo L e B le dimensioni in pianta del piano.
Il fattore di struttura sarà diversificato in funzione della regolarità in pianta. Per le costruzioni regolari in pianta, qualora non si proceda a un’analisi non lineare finalizzata alla sua valutazione, per il rapporto ΅αu/α1΅, possono essere adottati i valori indicati nei paragrafi successivi per le diverse tipologie costruttive.
Per le costruzioni non regolari in pianta, invece, si possono adottare valori di ΅αu/α1΅ pari alla media tra 1,0 e i valori di volta in volta forniti per le diverse tipologie costruttive.
Fattore di struttura: duttilità
La duttilità di una struttura rappresenta la sua capacità di deformarsi in campo plastico, ovvero oltre il limite elastico, senza subire il collasso immediato. Questo fenomeno si verifica quando uno degli elementi strutturali raggiunge la plasticizzazione per flessione, dando origine a una cerniera plastica. La duttilità di una struttura è quantificata dal rapporto tra lo spostamento ultimo, corrispondente alla formazione di un numero sufficiente di cerniere plastiche da rendere la struttura instabile, e lo spostamento al limite elastico.
Quando una struttura entra nel campo plastico, le zone critiche di travi e pilastri subiscono plasticizzazione, con il calcestruzzo e l’acciaio che manifestano deformazioni plastiche permanenti. Il fattore di comportamento, applicato allo spettro di risposta elastico, definisce la resistenza necessaria affinché la struttura possa contrastare le azioni orizzontali. Questo valore corrisponde al limite elastico della struttura: una volta superato, le sollecitazioni interne degli elementi strutturali plasticizzati restano pressoché costanti, mentre gli spostamenti continuano ad aumentare. In tale contesto, l’energia sismica viene dissipata sfruttando la duttilità della struttura.
Un incremento della resistenza strutturale, ottenuto applicando un fattore di comportamento inferiore, riduce la necessità di duttilità. Al contrario, una progettazione che preveda una resistenza inferiore, con un fattore di comportamento più elevato, richiede una maggiore capacità di deformazione plastica. Per questo motivo, le NTC 2018 offrono al progettista la possibilità di adottare due approcci differenti: Alta Duttilità o Bassa Duttilità, consentendo di ottimizzare il comportamento sismico della struttura in base alle esigenze progettuali.
La scelta tra una classe di duttilità alta (CD“A”) e una classe di duttilità media (CD“B”) incide direttamente sull’entità dell’azione sismica di progetto. La differenza tra le due classi risiede nell’entità delle plasticizzazioni previste, in fase di progettazione, sia a livello locale sia a livello globale. Le strutture progettate con un’elevata duttilità (CD“A”) saranno soggette a un’azione sismica ridotta rispetto a quelle con duttilità media (CD“B”).
Questa differenza si riflette nel valore del fattore di comportamento che varia in funzione della classe di duttilità adottata. Tale fattore ha il compito di ridurre le ordinate dello spettro di risposta elastico, ovvero le accelerazioni sismiche, consentendo di ottenere lo spettro di progetto. La riduzione sarà più significativa per le strutture in classe di duttilità alta e meno marcata per quelle in classe di duttilità media, influenzando così la progettazione sismica complessiva dell’edificio.
Fattore di comportamento per edifici non regolari in muratura
L’Area geologia, suoli e sismica della Regione Emilia-Romagna ha ricevuto una richiesta di chiarimento (n. 341/2024) riguardante l’applicazione delle NTC 2018 e della relativa Circolare esplicativa. Il quesito riguarda il calcolo del fattore di struttura q per edifici esistenti in muratura caratterizzati da irregolarità in pianta e/o in elevazione, con particolare riferimento all’interpretazione delle disposizioni normative relative alla valutazione del rapporto αu/α1 e alla sua influenza sul fattore di comportamento q.
Le principali questioni sollevate riguardano:
l’applicabilità delle disposizioni del § 7.3.1 delle NTC 2018 per edifici esistenti con irregolarità in pianta, ossia se il valore di αu/α1 debba essere assunto come media tra 1,0 e i valori indicati per le diverse tipologie costruttive in assenza di un’analisi statica non lineare;
l’eventuale estensione del limite massimo di αu/α1 = 1.50, già previsto dalla Circolare esplicativa per edifici con irregolarità in elevazione, anche ai casi di irregolarità in pianta.
L’NTC 2018 affronta il tema degli edifici esistenti nel Capitolo 8, specificando al § 8.2 che le disposizioni generali degli altri capitoli sono applicabili, salvo eventuali restrizioni legate a limiti di altezza, geometrie e prescrizioni costruttive.
Parallelamente, il Capitolo 7 disciplina la progettazione di nuove costruzioni, comprese quelle soggette ad azioni sismiche. Nello specifico, il § 7.8.1.3 stabilisce che, per edifici in muratura, il rapporto αu/α1 può essere determinato tramite un’analisi statica non lineare, con un limite massimo di 2.50. In assenza di tale analisi, si ricorre a valori tabulati, ridotti in presenza di irregolarità in elevazione.
La Circolare esplicativa 7/2019 fornisce ulteriori indicazioni, specificando al § C8.5.5.1 i valori di q per edifici in muratura esistenti, con riferimento al § 7.8.1.3 dell’NTC 2018 per la determinazione del rapporto αu/α1. Essa, inoltre, stabilisce che, in assenza di valutazioni specifiche, αu/α1 non possa superare il valore di 1.50 e prevede una riduzione del 25% per edifici con irregolarità in elevazione.
Alla luce della normativa vigente, l’Area tecnica della Regione Emilia-Romagna ha fornito una serie di precisazioni in funzione delle caratteristiche strutturali degli edifici:
edifici con irregolarità in pianta: il valore di αu/α1 deve essere calcolato come media tra 1,0 e i valori tabulati, se non si effettua un’analisi non lineare;
edifici con irregolarità in elevazione: si applicano i valori tabulati con il limite massimo di 1.50 e una riduzione del 25% di q;
edifici con doppia irregolarità (in pianta e in elevazione): si combinano entrambe le riduzioni, calcolando prima il valore medio di αu/α1 e poi applicando la riduzione prevista.
Fonte: Read More