Potere di controllo sulla CILA: fin dove può spingersi il Comune?
Il Tar mette i paletti al potere di controllo e verifica della CILA da parte dell’amministrazione comunale: meno controlli a posteriori sui lavori!
La Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA): un semplice avviso o l’inizio di un percorso a ostacoli? Quando un intervento edilizio richiede solo una “comunicazione” (pur sempre garantita dall’asseverazione di un tecnico) quanto margine di manovra ha realmente l’amministrazione per intervenire e sindacare? Una recente pronuncia del Tar Sicilia con la sentenza n. 243/2025, fa riflettere sul delicato equilibrio tra semplificazione burocratica e potere di controllo, aprendo un interessante e fondamentale dibattito sul futuro dell’edilizia e sui diritti dei cittadini.
E qui vale la pena ricordare che a monte di spiacevoli sorprese causate da atti amministrativi repressivi inaspettati ci potrebbe essere una inconsapevole ed errata scelta del titolo edilizio per la realizzazione di un’opera, divenuta in questo modo abusiva con gravi ripercussioni economiche e penali. Ma tutto ciò può essere scongiurato attraverso l’ausilio del software per i titoli abilitativi in edilizia che, in base alla tipologia di lavoro da effettuare, ti aiuta nella gestione dei molteplici moduli edilizi da compilare, presentare e successivamente archiviare.
Il Comune può annullare una CILA dopo sette anni?
Una società di ristorazione, proprietaria di un ristorante, esponeva in ricorso al Tar che il proprio Comune aveva inizialmente autorizzato l’occupazione di suolo pubblico per l’anno 2024 tramite i provvedimenti dirigenziali del caso. La società aveva precedentemente presentato una Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA) nel 2017 per la realizzazione di una pedana in legno amovibile di 109 m2 per la collocazione di tavoli, sedie, ombrelloni sull’area oggetto della concessione dinanzi al ristorante.
Successivamente, il Comune revocava la concessione di suolo pubblico, adducendo presunte violazioni del regolamento comunale e della normativa in materia edilizia, poiché quella pedana sarebbe stata assentibile tramite un permesso di costruire anziché dalla CILA presentata sette anni prima.
La società lamentava, quindi, nel ricorso:
eccesso di potere: illegittimità del provvedimento per arbitrarietà, contraddittorietà, illogicità, difetto di motivazione e violazione del principio del legittimo affidamento;
violazione dell’art. 3 e dell’art. 21 quinquies della l. n. 241 del 1990: difetto di istruttoria e motivazione insufficiente in relazione all’interesse pubblico sottostante alla revoca;
violazione della normativa edilizia: errata interpretazione e applicazione delle norme regionali e nazionali in materia di edilizia, in particolare riguardo alla necessità del permesso di costruire per la realizzazione della pedana amovibile.
Il Tar Sicilia: la CILA ha natura conoscitiva ed un controllo delle opere realizzate deve essere tempestivo o condotto in tempi ragionevoli per non illudere il privato su opere ritenute lecite per quella stessa comunicazione conoscitiva
I giudici in premessa hanno ricordato che l’art. 6 bis del d.P.R. n. 380 del 2001 dispone:
al comma 1, che gli interventi non riconducibili all’elenco di cui agli artt. 6, 10 e 22 sono realizzabili previa comunicazione dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione competente, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente e, comunque, nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia;
al comma 2, che l’interessato trasmette all’amministrazione comunale l’elaborato progettuale e la comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale attesta, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio;
al comma 5, che la mancata comunicazione asseverata dell’inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a € 1.000,00, che è ridotta di due terzi in caso di comunicazione spontanea quando l’intervento è in corso di esecuzione.
e che:
Diversamente da quanto disposto per la SCIA, sulla conformità tecnico-giuridica della CILA non è, però, previsto un obbligo di controllo ordinario postumo entro un termine perentorio ravvicinato, in quanto la norma si limita a introdurre una sanzione pecuniaria “secca” in caso di omessa presentazione, senza in alcun modo disciplinare l’ipotesi in cui la stessa si profili contra legem.
Quali sono, quindi, i poteri di controllo esercitabili dall’ente locale sulla CILA?
In merito, i giudici hanno richiamato una recente sentenza, la n. 3327 del 9 ottobre 2024, emessa dalla medesima sezione del TAR.
Questa sentenza ha chiarito che, sebbene la previsione di una sanzione pecuniaria per la mancata presentazione della CILA (art. 6-bis, comma 5, del D.P.R. n. 380/2001) non esaurisca completamente i poteri dell’amministrazione, il controllo esercitabile deve essere limitato. L’ente locale, in sostanza, può verificare che l’intervento rientri effettivamente nella tipologia di opere soggette a CILA, senza poter sollevare altre questioni estranee alla fattispecie disciplinata.
Il rischio di un pregiudizio per il privato e l’importanza della certezza del Diritto
Un’ulteriore prospettiva è offerta dalla sentenza n. 4110 del 24 aprile 2023 della II sezione del Consiglio di Stato.
Questa pronuncia sottolinea come l’assenza di controlli sistematici sulla CILA rischi di danneggiare il privato, il quale vedrebbe compromessa la certezza sulla legittimità del proprio intervento (legittimo affidamento). In altre parole, la CILA potrebbe ridursi a un mero strumento per attirare l’attenzione dell’amministrazione, esponendo il privato a sanzioni sproporzionate in caso di errori interpretativi, soprattutto quando l’amministrazione stessa omette di esercitare i dovuti controlli sulla SCIA o sulla richiesta di permesso di costruire.
Mutuare i principi dell’autotutela in materia di SCIA
Di conseguenza, il Consiglio di Stato suggerisce di applicare analogicamente i principi consolidati in materia di separazione tra autotutela decisoria ed esecutiva, tipici della SCIA. Ciò implicherebbe l’applicazione dei limiti temporali e di motivazione previsti dall’art. 19, commi 3, 4, 6 bis e 6 ter della l. n. 241 del 1990, in combinato disposto con le “condizioni” di cui all’art. 21-nonies della stessa legge.
La necessità di una puntuale descrizione delle opere e la natura “conoscitiva” della CILA
Infine, è utile richiamare la sentenza n. 377 del 29 gennaio 2024, emessa dalla I sezione del TAR.
Questa pronuncia, relativa a un’ordinanza di demolizione per un cambio di destinazione d’uso, ribadisce l’importanza di una precisa descrizione delle opere e degli indici che giustifichino il passaggio da una categoria urbanistica all’altra. Viene inoltre precisato che l’attività soggetta a CILA non solo è libera, ma deve essere “solo” portata a conoscenza dell’amministrazione, affinché quest’ultima possa verificare che l’intervento abbia un impatto modesto sul territorio e non nasconda opere che richiederebbero un’autorizzazione specifica.
Nel caso in esame il Tribunale ha ritenuto fondate le censure relative al difetto di istruttoria e motivazione del provvedimento di revoca, evidenziando che il Comune non aveva adeguatamente valutato la CILA presentata dalla società nel 2017 per la realizzazione della pedana. Il TAR ha precisato che, in mancanza di un intervento da parte del Comune sulla CILA, la stessa doveva ritenersi ancora efficace e non poteva essere utilizzata come motivo per revocare la concessione di suolo pubblico.
In conclusione, il TAR Catania ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento di revoca della concessione di suolo pubblico, ritenendo che il Comune avesse agito in modo illegittimo e immotivato.
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