Per ingrandire un balcone che tipo di autorizzazione edilizia è richiesta?
Il TAR Campania mette in guardia sui rischi legali e urbanistici di un operazione apparentemente banale. Analisi di una sentenza chiave per proprietari e professionisti del settore
Quante volte ci siamo lasciati sedurre dall’idea di guadagnare qualche metro quadrato in più, magari ampliando un balcone esistente o unendo due balconcini separati in un’unica, spaziosa terrazza? Un desiderio comprensibile, che spesso si scontra con la rigida realtà delle normative edilizie. La sentenza del TAR Campania: n. 6752/2024 che stiamo per analizzare mette in luce proprio questo delicato equilibrio: cosa succede quando la tentazione di migliorare il proprio spazio abitativo si trasforma in un contenzioso legale? Un’analisi approfondita delle implicazioni di un intervento apparentemente banale, che può rivelarsi un vero e proprio campo minato di permessi, autorizzazioni e potenziali sanzioni. Scopriamo insieme i rischi e le insidie nascoste dietro un semplice ampliamento e come evitare di trasformare il sogno di un balcone più grande in un incubo burocratico.
Per assicurarti di operare nel pieno rispetto delle normative edilizie, è consigliabile avvalersi di strumenti digitali specifici. Un software dedicato alla gestione dei titoli abilitativi può aiutarti a individuare con precisione il permesso necessario in base alla tipologia di intervento che intendi realizzare, con il supporto di modelli sempre aggiornati e guide semplificate per la compilazione, riducendo il rischio di errori.
Inoltre, per ottimizzare la gestione delle pratiche progettuali, è utile adottare un software di project management. Questo strumento permette di pianificare ogni fase dell’intervento in modo dettagliato, migliorando l’efficienza, la collaborazione tra i professionisti coinvolti e il controllo sull’intero processo.
Per ingrandire un balcone occorre il permesso di costruire o può bastare una SCIA?
La proprietaria di un immobile presentava ricorso al Tar contro il Comune, contestando la disposizione dirigenziale che ordinava il ripristino dello stato dei luoghi per opere realizzate senza permesso edilizio.
Le opere considerate abusive consistevano nella realizzazione (al posto di una tettoia sottostante) di uno sporto di balcone di 3 x 1,30 metri, completo di ringhiera e pavimentazione, in aggiunta al pianerottolo di accesso all’abitazione preesistente e di una nuova tettoia a copertura del medesimo balcone in lamiere termoisolanti di 15 m2.
La signora sosteneva in sua difesa, tra i vari motivi, che:
data la tipologia di intervento realizzabile con SCIA, si sarebbe dovuta applicare una sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia), anziché l’ordine di demolizione;
l’ordinanza di demolizione era illegittima per violazione dell’art. 33 del T.U.E., che prevede una sanzione pecuniaria qualora la riduzione in pristino sia impossibile, e che il Comune non aveva motivato in merito a tale impossibilità.
Tar Campania: l’ampliamento di un balcone o il congiungimento di due sporti, costituiscono ristrutturazione edilizia per cui occorre il permesso di costruire
Il TAR ha ritenuto che le opere realizzate modificassero la sagoma dell’edificio e richiedessero il permesso di costruire, rientrando nella categoria di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3 comma 1 del T.U. Edilizia:
La realizzazione di un intervento di ampliamento di un balcone ed il congiungimento di due sporti preesistenti per la realizzazione di un unico e più ampio balcone costituiscono opere di ristrutturazione edilizia ai sensi degli artt. 3 e 10, d.P.R. n. 380 del 2001, dal momento che realizzano un’oggettiva trasformazione della facciata del palazzo, comportante modifica della sagoma, dei prospetti e delle superfici. Il titolo edilizio per la realizzazione di tale intervento risulta, quindi, essere il permesso di costruire e la sanzione per la sua assenza è il ripristino dello stato dei luoghi ex art. 33, d.P.R. n. 380 del 2001” (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, 28/10/2011, n. 5052).
Di conseguenza, l’ordine di demolizione era la sanzione corretta.
Il TAR ha considerato infondata anche l’impossibilità della demolizione avanzata dalla ricorrente, osservando che la riduzione in pristino era possibile, dato che si trattava di eliminare lo sporto costruito e ripristinare la tettoia preesistente. Inoltre, i giudici hanno ribadito che la valutazione dell’impossibilità di ripristino va fatta in fase di esecuzione della sanzione, non incide sulla legittimità dell’ordinanza di ripristino.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
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