Il Consiglio di Stato conferma: nei contratti pubblici non si applica la legge sull’equo compenso

Il Consiglio di Stato conferma: nei contratti pubblici non si applica la legge sull’equo compenso

Con la sentenza della Sezione V, n. 844 del 3 febbraio 2025 – in sostanziale continuità con la sentenza 594/2025 – il Consiglio di Stato ribadisce il principio secondo cui la normativa sull’equo compenso non si estende automaticamente agli affidamenti dei servizi di ingegneria e architettura, poiché il Codice appalti costituisce un corpus normativo speciale e autonomo in materia.

L’Agenzia del Demanio aveva avviato una procedura di gara per l’affidamento di servizi di valutazione della vulnerabilità sismica e altre attività accessorie relative a determinati immobili. Nel disciplinare era previsto che la componente relativa ai “compensi professionali” – calcolata secondo il D.M. del 17 giugno 2016 – non fosse soggetta a ribasso, in conformità alla legge 49/2023 sull’equo compenso. Tuttavia, era consentito applicare sconti su alcune spese e oneri accessori, che costituivano una parte marginale dell’importo totale.

Al termine della gara, il concorrente primo classificato è stato sottoposto a verifica di anomalia, poiché aveva applicato un ribasso del 99,90% sulla sola parte economicamente modificabile dell’offerta. Tale offerta è stata poi esclusa, in quanto il ribasso eccessivo avrebbe comportato, in maniera indiretta, una riduzione anche del “compenso professionale”, contravvenendo così alla normativa di gara. L’operatore escluso ha impugnato la decisione davanti al TAR Lazio, che ha respinto il ricorso.

La sentenza è stata impugnata dinanzi al Consiglio di Stato, che ha confermato la legittimità del giudizio.

Il Consiglio di Stato sottolinea come il Codice dei contratti pubblici presenti una disciplina in sé compiuta e autosufficiente in materia di corrispettivi, ivi inclusa la componente del compenso professionale, ulteriormente rafforzata dalle correzioni del D.Lgs. 209/2024.

L’art. 8, comma 2, secondo periodo del D.Lgs. 36/2023 stabilendo che “salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso”, afferma di suo un principio di massima, non già una regola di dettaglio.

Ne deriva che il “valore” sotteso alla legge sull’equo compenso è recepito dall’autonoma normativa sui contratti pubblici attraverso un apparato regolatorio autonomo, non necessitante di eterointegrazione, funzionale all’equo contemperamento tra istanze competitive, logiche di efficienza, ed esigenze equitative.

L’articolo 41, comma 15, del D.Lgs. 36 prevede l’utilizzo delle tabelle del D.M. 17/06/2016 esclusivamente come riferimento per la determinazione dell’importo a base di gara, senza attribuire loro la funzione di stabilire soglie minime obbligatorie per i compensi.

A rafforzare questa interpretazione, si evidenzia come il D.Lgs 36/2023 preveda espressamente minimi inderogabili solo per il costo della manodopera e gli elementi salariali, segno che il legislatore ha introdotto tale vincolo solo nei casi in cui lo ha ritenuto necessario.

Nel contempo, il Consiglio di Stato – ribadendo quanto già affermato nella sentenza 594/2025 – sottolinea come la legge 49/2023 sancisca la nullità delle clausole che prevedono un compenso non equo, ritenendo tale quello inferiore agli importi stabiliti sulla base dei parametri previsti per la liquidazione in sede giudiziale dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o collegi professionali, fissati con D.M. 140/2012.

Tuttavia, il D.M. 140/2012 e il D.M. 17/06/2016 differiscono quanto a scopi (l’uno mira a disciplinare la liquidazione dei compensi equi, l’altro è volto alla determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara) e struttura (l’uno si contraddistingue per un range di flessibilità, mentre l’altro definisce un importo fisso) legittimando una ricostruzione dicotomica nel senso che la prima fonte individua il minimum corrispettivo inderogabile (il compenso equo ribassabile sino al 60%), mentre la seconda individua il corrispettivo equo da porre a base di gara.

Di qui le conclusioni da trarre in ordine al rapporto fra i due regimi normativi:

il sistema degli affidamenti dei contratti pubblici soggiace a regole sue proprie in ordine ai corrispettivi e loro ribassabilità;
il relativo controllo è rimesso alla disciplina sull’anomalia delle offerte (art. 110 d.lgs. 36/2023);
quello dell’”equo compenso” costituisce un principio generale da tener presente nelle “prestazioni d’opera intellettuale”;
la legge 49/2023 non trova dunque diretta e generale applicazione al settore degli appalti pubblici.

Del resto, come affermato dallo stesso Consiglio di Stato in relazione allo Schema del correttivo al Codice dei contratti al riguardo “nella materia dei contratti pubblici non si applica la disciplina in materia di “equo compenso delle prestazioni professionali’ di cui alla legge 21 aprile 2023, n. 49, vigendo la suesposta disciplina speciale” (Cons. Stato, Comm. Spec., 2 dicembre 2024, n. 1463, par. 9.9) che ha avuto successiva emersione anche in una regola ad hoc nel D.Lgs. 209/2024.

Fatte salve queste premesse, il Consiglio si pronuncia anche sulla possibilità, come nel caso in esame, di ammettere comunque – per il tramite della lex specialis – clausole di gara che incidano sulla ribassabilità del corrispettivo, e in specie sulla quota dello stesso rappresentata appunto dal “compenso professionale” riconosciuto in relazione a prestazioni d’opera intellettuale.

La risposta è affermativa, anche se tale prerogativa risulta fortemente limitata dai nuovi criteri dettati dal D.Lgs. 209/2024.

Seppure infatti la legge 49/2023 non trova diretta applicazione nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, nulla vieta che la stazione appaltante possa, nell’esercizio della propria discrezionalità ed entro termini ragionevoli, prevedere clausole di non ribassabilità del corrispettivo a fini di tutela dell’equo compenso professionale.

Leggi l’approfondimento: Equo compenso e appalti pubblici: le regole per le gare di progettazione

 

 

 

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