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Cambio destinazione d’uso: tutto quello che c’è da sapere
Cambio destinazione d’uso: cos’è? Quali sono i permessi, le autorizzazioni e la pratica edilizia richiesti? Quali sono i costi? Guida completa e novità
Il cambio di destinazione d’uso nell’edilizia si riferisce alla modifica delle finalità di utilizzo di un’unità immobiliare.
La procedura di cambio destinazione d’uso di un immobile è regolata da normative precise e qualsiasi intervento effettuato al di fuori di esse si configura come un abuso edilizio, punito con pesanti sanzioni amministrative.
Cambiare la destinazione uso di unità immobiliare è una procedura piuttosto complessa: documentazioni da produrre, iter burocratico, permessi da richiedere.
Per facilitarti la gestione della pratica burocratica e amministrativa può essere molto utile un software per la gestione delle pratiche edilizie e per la gestione del tuo studio tecnico.
Scopri quali sono le autorizzazioni e i permessi da richiedere, i costi da affrontare e quando è possibile realizzare il cambio di destinazione d’uso.
Linee guida MIT sul Salva Casa per il cambio destinazione d’uso
La pubblicazione delle Linee di indirizzo e criteri interpretativi MIT sul Salva Casa (PDF) chiarisce, con una serie di FAQ esplicative, alcuni aspetti fondamentali riferiti alle novità del Salva casa in riferimento al mutamento di destinazione d’uso.
La Circolare spiega che la riforma ha introdotto un regime unitario che disciplina sia i diversi tipi di mutamento d’uso sia i titoli abilitativi necessari.
Si distinguono due tipologie principali:
mutamenti all’interno della stessa categoria funzionale (detti “orizzontali” o urbanisticamente irrilevanti), che non comportano variazioni significative nei carichi urbanistici;
mutamenti tra categorie diverse (detti “verticali” o urbanisticamente rilevanti), che possono incidere sulla richiesta di servizi e infrastrutture.
Il Salva Casa conferma il principio dell’indifferenza funzionale per i mutamenti orizzontali tra destinazioni d’uso omogenee, semplificando l’iter nei casi in cui non si crei un maggiore fabbisogno di servizi pubblici. Per i mutamenti verticali di singole unità immobiliari, è stata fornita una disciplina più chiara, favorendo il passaggio tra le categorie residenziale, turistico-ricettiva, produttiva, direzionale e commerciale, con la possibilità per i comuni di imporre condizioni specifiche per garantire un equilibrio territoriale.
Inoltre, la riforma estende le agevolazioni anche ai casi in cui il mutamento di destinazione d’uso sia accompagnato dalla realizzazione di opere edilizie, prevedendo un procedimento unico che consente di valutare contemporaneamente sia la legittimità del mutamento sia quella dell’intervento edilizio.
Mutamento destinazione d’uso post Salva Casa- Schema linee guida MIT
Cambio destinazione d’uso della singola unità immobiliare
In riferimento al cambio destinazione d’uso della singola unità immobiliare vengono chiariti i seguenti aspetti:
Condizioni per il cambio di destinazione d’uso
Gli enti locali possono stabilire specifiche condizioni per regolare i cambi d’uso, ma queste devono essere oggettive e non discriminatorie, evitando restrizioni arbitrarie. Inoltre, devono riguardare solo il cambio d’uso e non le modalità di realizzazione di eventuali opere edilizie collegate. Le condizioni devono essere chiaramente definite e non semplicemente dedotte dai piani urbanistici già esistenti. Le condizioni possono avere tre finalità principali:
limitare l’applicazione della norma nazionale in base a esigenze specifiche del territorio;
consentire applicazione completa della legge statale se i piani urbanistici comunali identificano specifiche zone dove estendere le nuove regole anche agli immobili situati al primo piano fuori terra o nei seminterrati;
modulare le trasformazioni, permettendole solo se in linea con la funzione predominante dell’edificio.
Criterio della prevalenza funzionale
La valutazione della funzione prevalente di un edificio, utile per regolamentare i cambi d’uso, non si basa solo sulla superficie occupata dalle varie unità immobiliari, ma anche sul numero assoluto delle unità immobiliari destinate ad un determinato uso all’interno dell’immobile. Tuttavia, gli enti locali possono stabilire criteri specifici, secondo la normativa regionale.
Regole per unità al primo piano fuori terra o seminterrate
Le regole per il cambio di destinazione d’uso degli immobili al primo piano fuori terra o nei seminterrati dipendono dalle disposizioni regionali, che devono considerare il tipo di area in cui si trovano. Le restrizioni sono generalmente più rigide nelle zone A, dove è più importante preservare il decoro urbano, mentre in altre zone possono essere meno restrittive, poiché le esigenze di tutela sono meno stringenti.
Si chiarisce inoltre il significato di “primo piano fuori terra” facendo riferimento alla voce n. 20 dell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo, secondo cui il “primo piano fuori terra” è definito come il piano di un edificio il cui livello di calpestio è situato in ogni sua parte ad una quota pari o superiore al livello del terreno adiacente all’edificio.
Deroga agli oneri urbanistici
Nei cambi d’uso “verticali” (tra diverse categorie funzionali) relativi ad una singola unità immobiliare, non è richiesto il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria (es. strade, fognature), perché si presume che le infrastrutture necessarie siano già presenti. Tali oneri non sono dovuti, neppure in presenza di diverse previsioni poste dalla normativa regolamentare comunale.
Tuttavia, resta l’obbligo di pagare gli oneri di urbanizzazione secondaria (es. scuole, aree verdi).
Per i cambi d’uso “orizzontali” (all’interno della stessa categoria funzionale), non è previsto il pagamento di alcun onere, poiché si ritiene che il carico urbanistico rimanga invariato.
Cambio destinazione d’uso ed oneri di urbanizzazione post Salva Casa – Linee guida MIT
Cosa si intende per “specifiche condizioni”?
Le condizioni individuate dopo l’entrata in vigore del D.L. Salva Casa dai competenti enti territoriali con apposite determinazioni.
Posto che i poteri pianificatori degli enti locali in materia di destinazioni territoriali e dei singoli edifici possono estrinsecarsi nell’imposizione di condizioni, limitazioni o divieti, si chiarisce preliminarmente che le “condizioni” menzionate all’articolo 23-ter, commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, dovranno risolversi in criteri oggettivi e non discriminatori, tali, quindi, da non imporre arbitrarie limitazioni o restrizioni. Tali condizioni, peraltro, potranno riferirsi ai soli aspetti concernenti il mutamento di destinazione d’uso e non anche alle modalità di realizzazione degli interventi nelle ipotesi di esecuzione di opere edilizie contestuale al mutamento stesso.
In secondo luogo, le condizioni dovranno essere specifiche, e, quindi, non potranno essere implicitamente desunte dagli strumenti urbanistici comunali vigenti, in considerazione del fatto che quanto disposto dal novellato articolo 23-ter del Testo unico prevale sulle previsioni restrittive o impeditive negli stessi contenute.
Invero, nell’ambito del quadro normativo delineato dalla riforma, la facoltà di imporre o meno specifiche condizioni costituisce un meccanismo di flessibilità che consente all’ente locale di tenere conto delle esigenze concrete di ordinato assetto del territorio. Invero, il legislatore statale esprime un chiaro favore per la semplificazione e l’agevolazione del mutamento di destinazione d’uso, nella consapevolezza, però, dell’esigenza di consentire i necessari adattamenti al modello regolatorio delineato dalla riforma al fine di poter considerare le specificità del contesto urbano di riferimento. Ne deriva che le condizioni fissate dovranno essere sorrette da adeguata motivazione, in punto, per esempio, della necessità, valutata in concreto dall’amministrazione, di salvaguardare il decoro urbano o la salute e la sicurezza pubblica.
Pertanto, le “specifiche condizioni” potranno essere definite nelle forme ritenute idonee dal comune, nel rispetto del Testo unico degli enti locali, anche traendo dagli strumenti urbanistici vigenti le previsioni che si intendono far valere quali condizioni ai fini dell’attuazione delle novelle in esame.
Alla luce di quanto precede, le condizioni possono rivestire una triplice finalità e, segnatamente:
a) possono limitare, in relazione a specifiche e motivate esigenze, l’operatività della legge statale, la quale, in loro assenza, consente senz’altro il mutamento di destinazione d’uso orizzontale (comma 1-bis) e il mutamento verticale (comma 1-ter) di una singola unità immobiliare, nel rispetto delle normative di settore;
b) possono consentire la piena operatività della legge statale, qualora gli strumenti urbanistici comunali siano abilitati a individuare specifiche zone ove applicare la disciplina in commento anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate (comma 1-quater);
c) possono modulare l’operatività della legge statale, nell’ipotesi di apposizione della speciale condizione volta a consentire il mutamento di destinazione d’uso verticale di una singola unità immobiliare soltanto in conformità alla forma di utilizzo prevalente nell’immobile.
Processo di cambio di destinazione d’uso – Salva Casa
Cosa si intende per prevalenza funzionale?
Il requisito della prevalenza funzionale può essere letto alla luce del parametro costituito dal numero assoluto delle unità immobiliari destinate ad un determinato uso all’interno dell’immobile.
Si ritiene, infatti, che la prevalenza non debba necessariamente essere accertata sulla base della superficie complessiva occupata dalle singole unità immobiliari destinate ad un determinato uso all’interno dell’immobile. Ciò in quanto rilevare, per ogni unità immobiliare, la superficie esatta, imporrebbe oneri informativi eccessivamente gravosi, soprattutto laddove si trattasse di edificio condominiale.
Resta ferma in ogni caso la possibilità per gli enti territoriali di declinare tale requisito secondo gli specifici criteri definiti nella legislazione regionale di settore.
Come è regolato il mutamento per unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate?
Il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate è disciplinato dalla legislazione regionale.
La legislazione regionale dovrà prevedere i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni di semplificazione concernenti il mutamento di destinazione d’uso verticale introdotte dal D.L. Salva Casa si applicano anche a tali unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate.
Nell’ambito della pianificazione locale, la possibilità di disciplinare, mediante l’apposizione di specifiche condizioni, il mutamento di destinazione d’uso verticale delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate, dovrà tenere conto della tipologia di zona territoriale omogenea, in quanto limitazioni o restrizioni al mutamento si giustificano tendenzialmente all’interno delle zone A), ove più spesso possono manifestarsi esigenze legate alla necessità di preservare il decoro urbano, mentre dovrebbero affievolirsi nelle altre zone, ove generalmente non si registrano esigenze di salvaguardia di pari intensità.
Quanto alla nozione di primo piano fuori terra, dovrà farsi riferimento alla voce n. 20 dell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo che definisce “piano fuori terra” quale piano dell’edificio il cui livello di calpestio sia collocato in ogni sua parte ad una quota pari o superiore a quella del terreno posto in aderenza all’edificio. A titolo esemplificativo, in presenza di una unità seminterrata, il primo piano fuori terra coinciderà con il cd. piano rialzato.
Come deve essere intesa la deroga dall’assolvimento degli oneri urbanistici per il mutamento di destinazione d’uso?
Il mutamento di destinazione d’uso cd. verticale relativo ad una singola unità immobiliare di cui al comma 1-ter non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi, né al pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria, fermo restando il pagamento di quelli di urbanizzazione secondaria.
La disposizione del comma 1-quater, secondo periodo, va intesa come norma di principio contenente un esonero dal reperimento delle aree, per cui la non assoggettabilità all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale opera non solo in carenza, ma anche in presenza di specifiche disposizioni della pianificazione urbanistica dettate, per esempio, nell’ambito delle Norme tecniche di attuazione (N.T.A.) dei P.R.G. vigenti, rispetto alle quali la disposizione di livello statale in commento si impone.
La ratio della disposizione è quella di introdurre una semplificazione per agevolare i cambi d’uso rilevanti per singole unità immobiliari, ad esclusione di quelle rurali, giustificata dalla circostanza che nelle zone A), B) e C) di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444), il mutamento avviene tendenzialmente in un contesto già urbanizzato, ove l’incremento del carico urbanistico si presume compensato o ridimensionato.
Le considerazioni appena svolte giustificano la mancata previsione circa la debenza degli oneri di urbanizzazione primaria, che sono correlati alle opere di urbanizzazione necessarie all’utilizzo degli edifici. Invero, si è ritenuto che imporre la corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria si risolverebbe in una sostanziale duplicazione di costi a fronte dell’unicità dei servizi già predisposti nella zona interessata (e.g. strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, pubblica illuminazione). Tali oneri, pertanto, nei casi di mutamento regolati dal comma 1-ter, non sono dovuti, neppure in presenza di diverse previsioni poste dalla normativa regolamentare comunale. Al riguardo, si rammenta, infatti, che, ai sensi del primo periodo del comma 3 dell’articolo 23-ter in commento, i principi dallo stesso discendenti trovano applicazione diretta e, pertanto, impongono la disapplicazione della fonte regolamentare contraria.
Diversamente, ai sensi del terzo periodo del comma 1-quater, continua ad essere dovuto, ove previsto e nei limiti di quanto stabilito dalla legislazione regionale, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria. Invero, si è ritenuto che le spese relative alle opere di urbanizzazione secondaria (e.g. asili nido e scuole materne, mercati di quartiere, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, attrezzature culturali e sanitarie) non possano automaticamente risolversi in una duplicazione di costi, in quanto funzionali alla vita di relazione degli abitanti della zona interessata. La disposizione discende dalla constatazione per la quale il mutamento d’uso, nei casi di cui al comma 1-ter, avviene, come accennato, solo tendenzialmente ad invarianza urbanistica.
Sul tema, occorre ulteriormente chiarire il regime cui sono soggetti i mutamenti di destinazione d’uso orizzontali di cui al comma 1-bis in punto di debenza degli oneri di urbanizzazione. Muovendo da un’interpretazione sistematica del complesso dell’articolo 23-ter, si ricava che nelle ipotesi di cui al comma 1-bis non è dovuto il pagamento né degli oneri di urbanizzazione primaria né di quelli di urbanizzazione secondaria. In tali ipotesi, l’equivalenza del carico urbanistico viene valutata a priori dalla legislazione statale e, pertanto, il mutamento di destinazione d’uso non comporta la necessità di adeguare la dotazione esistente di aree per servizi pubblici o di uso pubblico o l’esecuzione di opere di urbanizzazione.
Le procedure per il mutamento di destinazione d’uso
Le linee guida chiariscono le procedure previste per il cambio destinazione d’uso, specificando i seguenti aspetti:
il titolo necessario per il mutamento di destinazione d’uso il quale varia a seconda della tipologia di intervento edilizio:
senza interventi edilizi → SCIA;
edilizia libera (art. 6 T.U.) → SCIA;
interventi con CILA (art. 6-bis T.U.) → SCIA;
interventi con SCIA (art. 22 T.U.) → SCIA;
interventi con SCIA alternativa al permesso di costruire (art. 23 T.U.) → SCIA alternativa al permesso di costruire;
interventi con permesso di costruire (art. 10 T.U.) → Permesso di costruire.
mutamenti di destinazione d’uso non rientranti nelle semplificazioni del D.L. Salva Casa: per i cambi di destinazione d’uso che non rientrano nelle semplificazioni del D.L. Salva Casa, resta fermo quanto previsto in generale dall’articolo 10, comma 2, secondo cui bisogna fare riferimento alla normativa regionale o locale. In particolare, per il mutamento verticale dell’intero immobile, la disciplina di riferimento è esclusivamente quella regionale o locale, senza eccezioni sui titoli richiesti;
rapporto tra legislazione statale e regionale: le regioni possono introdurre ulteriori semplificazioni, anche per quanto riguarda i titoli abilitativi necessari per il mutamento di destinazione d’uso.
Quale titolo è necessario per il mutamento di destinazione d’uso in base agli interventi che si intendono realizzare?
Quale intervento sto realizzando?
Quale titolo è necessario per il mutamento della
destinazione d’uso?
Assenza di interventi
SCIA
Edilizia libera (ex articolo 6)
SCIA
Interventi soggetti a CILA (ex articolo 6-bis)
SCIA
SCIA Interventi soggetti a SCIA (ex articolo 22)
SCIA
Interventi soggetti a SCIA alternativa a permesso SCIA alternativa a permesso di costruire di
costruire (ex articolo 23)
SCIA alternativa a permesso di costruire
Interventi soggetti a permesso di costruire (ex Permesso di costruire articolo 10)
Permesso di costruire
Come si procede nei casi di mutamento di destinazione d’uso che non rientrano nelle semplificazioni del D.L. Salva Casa?
La disciplina relativa al mutamento dovrà rinvenirsi nella fonte di livello regionale o locale.
Per i casi non rientranti nelle semplificazioni introdotte con il D.L. Salva Casa, resta fermo quanto previsto in generale dall’articolo 10, comma 2, del Testo unico che demanda alla legge regionale l’individuazione del titolo necessario. In particolare, in caso di mutamento di destinazione d’uso verticale di un intero immobile si evidenzia che l’intera disciplina relativa al mutamento dovrà rinvenirsi nella fonte di livello regionale o locale, senza che, in tal caso, siano previste eccezioni quanto alla disciplina dei titoli richiesti per il mutamento.
Qual è il rapporto intercorrente tra legislazione statale e regionale in materia di mutamento di destinazione d’uso?
È fatta salva la possibilità per le regioni di prevedere livelli ulteriori di semplificazione, anche in relazione ai titoli richiesti per il mutamento di destinazione d’uso.
Cambio di destinazione d’uso di un intero immobile
Gli aspetti chiariti sul cambio di destinazione d’uso di un intero immobile includono:
definizione di “intero immobile”: un intero immobile è un’unità con autonomia funzionale e reddituale, registrata nel Catasto dei Fabbricati come un unico elemento, anche se situata su una singola particella catastale. Se l’immobile è composto da una sola unità immobiliare, non si applicano le disposizioni previste per le singole unità indicate nell’articolo 23-ter, comma 1-bis;
differenze rispetto al passato: non vi sono modifiche sostanziali, se non per la disciplina dei titoli abilitativi richiesti. Come in precedenza, il mutamento di destinazione d’uso orizzontale di un intero immobile è sempre consentito, salvo limitazioni imposte dalle normative regionali o comunali.
Cosa si intende per “intero immobile” riferito al mutamento di destinazione d’uso orizzontale?
Per immobile deve intendersi “l’elemento minimo inventariabile che ha autonomia reddituale e funzionale, esistente su una particella nell’ambito del Catasto dei Fabbricati, ferma restando l’ipotesi di fabbricati costituiti da un’unica unità immobiliare”.
Conseguentemente, ne discende che, per il caso di immobile costituito da un’unica unità immobiliare, non possono ritenersi applicabili le disposizioni di cui all’articolo 23-ter, comma 1-bis.
In relazione al mutamento di destinazione d’uso orizzontale di un intero immobile cosa cambia rispetto al passato?
Nulla cambia se non la disciplina dei titoli richiesti per il mutamento, che dovrà essere quella di cui al comma 1-quinquies.
Si evidenzia come, in linea con l’originaria formulazione dell’articolo 23-ter, il mutamento di destinazione d’uso orizzontale di un intero immobile sia sempre possibile, salva diversa previsione della legge regionale o dagli strumenti urbanistici comunali. In tale ipotesi, l’intera disciplina relativa al mutamento dovrà rinvenirsi nella fonte di livello regionale o locale, di talché, ad esempio, potrà essere possibile, per gli strumenti urbanistici comunali, fissare, oltre che condizioni, anche limitazioni o divieti.
Cambio di destinazione d’uso: cos’è
Il cambio di destinazione d’uso di un edificio è una pratica amministrativa che deve essere richiesta per modificare la finalità d’uso di una unità immobiliare. Questo procedimento segue un iter specifico, iniziando con la presentazione della richiesta di autorizzazione al Comune per gli aspetti urbanistici e concludendosi con l’aggiornamento catastale.
Questa variazione può implicare o meno delle modifiche di categoria, distinguendosi così tra cambio destinazione d’uso rilevante e non rilevante.
Destinazione d’uso e strumenti urbanistici
Per le singole unità immobiliari il mutamento di destinazione delle categorie sopra descritte è sempre consentito, qualora esso sia utilizzato in modo conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti all’interno dell’immobile. Inoltre:
il mutamento non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal decreto 1444/1968 che fissa dei limiti per garantire a tutta la popolazione una dotazione minima di standard urbanistici e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150;
per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra il passaggio alla destinazione residenziale è ammesso nei soli casi espressamente previsti dal piano urbanistico e dal regolamento edilizio.
Differenza tra cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante e quello non rilevante
Il cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante si ha quando si richiede la modifica delle finalità di utilizzo originarie di un immobile, comportando il passaggio a una categoria funzionale diversa. Un esempio comune è rappresentato dal passaggio dalla categoria commerciale a quella residenziale, come nel caso in cui sia necessario trasformare un ufficio in un appartamento.
L’art. 23-ter del testo unico edilizia D.P.R. 380/01 definisce mutamento rilevante della destinazione d’uso (cambio di destinazione d’uso rilevante) come segue:
1. Ai fini del presente articolo, il mutamento della destinazione d’uso di un immobile o di una singola unità immobiliare si considera senza opere se non comporta l’esecuzione di opere edilizie ovvero se le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi di cui all’articolo 6. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.
In tutti i casi in cui si effettua un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, è necessario ottenere l’autorizzazione corrispondente dal Comune competente mediante l’approvazione di un titolo edilizio.
Si parla di cambio di destinazione d’uso non rilevante, invece, se l’intervento non comporta un cambio di categoria funzionale, ad esempio quando l’immobile resta residenziale; in questo caso, non è richiesta l’approvazione di un titolo edilizio da parte del Comune, a meno che non comporti l’esecuzione di opere murarie o impiantistiche.
Quali sono le destinazioni d’uso rilevanti?
La destinazione d’uso di un’unità immobiliare è l’insieme di funzioni che la caratterizzano, ciò significa che, a seconda delle attività che si svolgono o si dovranno svolgere in un edificio, si definisce una specifica destinazione d’uso.
Le destinazioni d’uso rilevanti, come definite dall’art. 23-ter del D.P.R. 380/01 Testo unico edilizia, sono suddivise in 5 macroaree:
residenziale: abitazioni, studi professionali, affittacamere, a condizione che la superficie dell’unità sia prevalentemente destinata all’uso abitativo;
struttura turistico-ricettiva: alberghi, residenze turistico-alberghiere, campeggi, aree di sosta, ostelli, e immobili a prevalente carattere ricettivo;
produttiva e direzionale: laboratori artigianali, industrie, magazzini, imprese edili, officine, e luoghi di riparazione. Sono comprese attività finalizzate alla produzione di beni o servizi, alla trasformazione di beni o materiali, spazi per la commercializzazione dei beni prodotti, nonché banche, assicurazioni, sedi di direzione ed organizzazione, centri di ricerca, fiere, uffici privati, e studi professionali in generale;
commerciale: media distribuzione, negozi di quartiere, attività commerciali di grande distribuzione, attività di commercio all’ingrosso, mercati, e attività di somministrazione di alimenti e bevande come ristoranti, bar, pub, etc.;
agricola: immobili collegati a produzioni agrarie, allevamenti e forestazione, campi coltivati, vivai di fiori e piante, boschi, pascoli, abitazioni rurali, annessi agricoli e serre, costruzioni per allevamenti zootecnici, agriturismi, e agri-campeggi.
In caso di presenza di diverse destinazioni d’uso all’interno di un’unità immobiliare, viene assegnata la destinazione prevalente, determinata dalla maggiore superficie utile.
Leggi degli esempi di cambio destinazione d’uso rilevante: cambio destinazione d’uso da commerciale a residenziale e cambio destinazione d’uso da C2 ad abitazione
Cambio destinazione d’uso: le novità del decreto salva casa 2024
La Legge 105/2024 di conversione del D.L. 69/2024 “decreto salva casa 2024” semplifica il cambio di destinazione d’uso per le singole unità immobiliari nel rispetto delle normative di settore e di eventuali specifiche condizioni comunali.
In particolare, è modificato l’art 23-ter del D.P.R. 380/2001 con riferimento al mutamento della destinazione d’uso di singole unità immobiliari con e senza opere, specialmente all’interno delle aree urbane.
È chiarito in premessa che sono considerati cambi di destinazione d’uso senza opere quelli che non comportano esecuzione di opere edilizie e rientrano dunque in edilizia libera.
Il mutamento della destinazione d’uso, diversa da quella originaria, sarà ammesso esclusivamente alle seguenti categorie:
residenziale;
turistico-ricettiva;
produttiva e direzionale;
commerciale.
L’unità immobiliare deve essere ubicata in aree specifiche del territorio, definite dalle zone A), B) e C) del decreto 1444/1968.
Queste zone corrispondono rispettivamente a:
zone storiche, artistiche e ambientali;
zone già edificate, dove più del 12,5% della superficie è coperta da edifici e la densità è alta;
zone destinate a nuovi insediamenti, che non sono ancora edificati o hanno una superficie e densità inferiori a quelli delle zone A).
Inoltre, secondo le nuove disposizioni, i Comuni hanno la possibilità di fissare specifiche condizioni per il cambio di destinazione d’uso:
1-quater. Per le singole unità immobiliari, il mutamento di destinazione d’uso di cui al comma 1-ter è sempre consentito, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile. Nei casi di cui al comma 1-ter, il mutamento di destinazione d’uso non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150. […]
Resta fermo l’obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione secondaria, ove previsto dalle leggi regionali. Infine, viene data la possibilità di modificare la destinazione d’uso di primi piani e seminterrati.
I cambi di destinazione d’uso sono soggetti al rilascio dei seguenti titoli:
SCIA nel caso in cui non ci siano opere edilizie;
titolo richiesto per l’esecuzione delle opere necessarie al cambio di destinazione d’uso nei restanti casi.
Esempio cambio di destinazione d’uso senza opere da abitazione a studio secondo il D.L. 69/2024
Quando è possibile cambiare destinazione d’uso?
Cambiare la destinazione d’uso di un immobile è possibile solo quando le caratteristiche dell’edificio e degli ambienti si conformano completamente alla nuova funzione, e purché i regolamenti e gli strumenti urbanistici comunali lo permettano.
Il cambio di destinazione d’uso è soggetto a specifici requisiti normativi:
limiti impiantistici: devono essere rispettati tutti i parametri riguardanti scarichi, fognature e canne fumarie;
prescrizioni dimensionali: è necessario adeguarsi alle disposizioni dimensionali stabilite dalle normative;
conformità a piani urbanistici: i piani urbanistici locali non devono prevedere ostacoli al cambiamento di destinazione;
assenza di restrizioni condominiali: non devono esistere restrizioni nel regolamento condominiale.
Ad esempio, per effettuare un cambio di destinazione d’uso da magazzino ad abitazione, è fondamentale che l’edificio soddisfi i requisiti previsti per le abitazioni e che tale modifica sia contemplata nel Piano Urbanistico Regionale.
Cambio di destinazione d’uso: titolo abilitativo e pratica edilizia
Quando si intende richiedere il cambio di destinazione d’uso per un immobile, è essenziale avviare la pratica per il titolo edilizio appropriato.
I cambi di destinazione d’uso sono soggetti al rilascio dei seguenti titoli:
per i cambi d’uso senza opere, è obbligatorio presentare sempre la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA);
per i cambi d’uso con opere, bisogna invece ottenere titolo richiesto per l’esecuzione delle opere necessarie al cambio di destinazione d’uso. Se gli interventi rientrano tra quelli soggetti a CILA, sarà comunque necessario procedere con la presentazione della SCIA.
È importante notare che potrebbero esserci variazioni a seconda dei regolamenti regionali o locali. Per evitare errori procedurali, è sempre consigliabile consultare l’Ufficio Tecnico Comunale, verificare la corretta procedura da seguire e gestire le tue pratiche edilizie con il supporto del software per i titoli abilitativi che ti fornisce modelli aggiornati di SCIA, PdC, etc. a seconda del titolo abilitativo richiesto, evitandoti di incorrere in abusi o illeciti edilizi.
Modelli per cambio destinazione d’uso: software Praticus-TA
Quanto costa il cambio di destinazione d’uso
Nel calcolo delle spese legate al cambio di destinazione d’uso, intervengono diversi fattori che contribuiscono a determinare il costo complessivo della variazione. Quest’ultimo è il risultato della somma di diverse voci di spesa, tra cui:
oneri di urbanizzazione: gli oneri da corrispondere al Comune finalizzati a coprire una parte delle spese sostenute dall’amministrazione comunale per la realizzazione di infrastrutture come strade, fognature e parcheggi; il loro importo varia in base alla destinazione d’uso dell’immobile, influenzando il carico urbanistico;
costo delle opere di ristrutturazione: le spese necessarie per effettuare le modifiche strutturali degli immobili, adattandoli alla nuova funzione prevista nel cambio di destinazione d’uso;
parcelle dei professionisti: le parcelle da versare a ingegneri, geometri e architetti coprono servizi come la gestione delle pratiche urbanistiche, le pratiche catastali, la preparazione degli elaborati grafici e le certificazioni energetiche. Per il calcolo corretto, rapido e completo dei compensi professionali, utilizza il software calcolo parcelle con il quale puoi calcolare facilmente i corrispettivi per ogni tipo di prestazione, sempre commisurato alla qualità e alla complessità dei lavori svolti.
Come fare il cambio di destinazione d’uso
La procedura da seguire per effettuare un cambio di destinazione d’uso prevede i seguenti step:
richiesta del permesso al Comune: redazione della pratica urbanistica da richiedere presso il Comune di competenza territoriale per autorizzare gli interventi necessari a livello urbanistico e dedicati alla nuova finalità di utilizzo che assumerà l’immobile;
variazione catastale: una volta ottenuto il titolo edilizio dal Comune, è essenziale informare l’Agenzia delle Entrate del cambio di destinazione d’uso attraverso una pratica di variazione catastale; questo processo implica il deposito di una planimetria catastale aggiornata e la modifica dei dati relativi a categoria, classe e rendita dell’unità immobiliare, garantendo la corretta registrazione delle nuove caratteristiche ai fini fiscali;
segnalazione certificata di agibilità: quando il cambio di destinazione d’uso assume rilevanza urbanistica, completato l’aggiornamento dei dati al catasto, è necessario concludere il processo comunale mediante il deposito della segnalazione certificata di agibilità; questo documento attesta il rispetto delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e efficienza energetica degli edifici e degli impianti tecnici dell’immobile coinvolto nel cambio di destinazione d’uso, come definito dall’art. 24 del testo unico edilizia D.P.R. 380/01.
Come visto, il processo è disciplinato da normative e procedure specifiche, richiedendo attenzione e conformità a vincoli normativi e urbanistici altrimenti si rischia di incorrere in multe o sanzioni per cambio di destinazione d’uso abusivo.
Per garantirti una corretta conduzione del processo ed evitare potenziali complicazioni legali:
assicurati di ottenere tutte le autorizzazioni comunali previste;
pianifica i costi associati, tra cui spese di ristrutturazione e oneri di urbanizzazione;
compila senza errori i modelli richiesti utilizzando il software per i titoli abilitativi. Avrai i modelli per i titoli abilitativi richiesti in caso di cambio di destinazione d’uso sempre aggiornati alle disposizioni normative vigenti!
Cambio di destinazione d’uso: sentenze di riferimento
Di seguito, si riportano una serie di sentenze che chiariscono e precisano aspetti fondamentali sul cambio di destinazione d’uso.
Cambio destinazione d’uso rilevante con opere: basta la SCIA dopo il Salva Casa?
Il Salva Casa introduce semplificazioni per il cambio di destinazione d’uso rilevante, consentendone l’autorizzazione tramite SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), a condizione che non siano previste opere edilizie che richiedano il permesso di costruire e che vengano rispettate le norme locali e gli strumenti urbanistici comunali. Se l’intervento comporta un aumento di volumetria o una modifica della sagoma dell’edificio, rimane necessario ottenere il permesso di costruire (PdC). La sentenza n. 2196/2024 del TAR Salerno approfondisce tali aspetti normativi, fornendo chiarimenti utili.
Nel caso specifico il TAR esamina due ricorsi per due provvedimenti comunali: un’ordinanza di demolizione e ripristino relativa a presunti abusi edilizi su tettoie, modifiche interne e altre strutture, e un diniego di autorizzazione per l’installazione di un dehors di tipo B. I lavori riguardano la trasformazione di un immobile da abitazione (residenziale) a ristorante-pizzeria con opere edilizie.
Le ricorrenti contestano che il Comune abbia qualificato gli interventi edilizi come abusi, ritenendo che fossero già legittimamente autorizzati tramite SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata). Secondo le ricorrenti, questi titoli sono sufficienti per le modifiche apportate, che non comportano aumenti di volumetria né modifiche significative del carico urbanistico. Infine, i dehors sono temporanei e rientrano in edilizia libera.
Il TAR ha accolto parzialmente i ricorsi, annullando l’ordinanza limitatamente alla demolizione di un separé, autorizzato tramite SCIA, confermando che per:
la realizzazione di un muro divisorio in cartongesso che non comporti la variazione della destinazione d’uso degli ambienti sia richiesta la sola presentazione di una CILA; diversamente, laddove esso comporti il cambio di destinazione d’uso, l’intervento è sottoposto al regime della SCIA. Inoltre, il solo mutamento della destinazione d’uso di una unità immobiliare rilevante ai fini urbanistici e richiedente dunque il preventivo rilascio del permesso di costruire è quello che interviene tra categorie funzionalmente autonome (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, Sez. III, 25 settembre 2024, n. 1715) o che viene realizzato con opere edilizie che incidono sulla sagoma dell’edificio o ne determinino un aumento plano-volumetrico.
Pertanto, ha confermato la legittimità degli altri provvedimenti comunali e l’ordinanza di demolizione per i seguenti motivi:
le tettoie trasformate in sale ristorante, con chiusure perimetrali e ampliamenti, non possono essere considerate opere accessorie in quanto comportano un significativo aumento di volumetria e un impatto urbanistico e richiedono dunque il permesso di costruire;
i dehors presentano caratteristiche tali da non essere temporanei né facilmente rimovibili e la loro stabilità e dimensione li classificano come nuove costruzioni che necessitano di permesso di costruire;
la trasformazione di locali come il ripostiglio in WC o la camera da letto in sala ristorante, modificano il carico urbanistico e richiedono il permesso di costruire;
le alterazioni del prospetto, come la trasformazione di porte in finestre, rientrano tra gli interventi di ristrutturazione edilizia e necessitano di permesso di costruire.
Cambio d’uso e sanatoria respinta? Si riprova con il Salva casa!
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7486/2024, ha respinto il ricorso di un privato contro il Comune di Napoli riguardante il diniego di accertamento di conformità per il cambio di destinazione d’uso di un immobile nel centro storico, originariamente adibito a deposito e trasformato abusivamente in residenza. Il Comune aveva rigettato la richiesta poiché l’area rientra nella zona rossa vesuviana, dove tali interventi sono vietati, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi.
Il TAR aveva confermato la legittimità della decisione comunale, sottolineando la mancanza della “doppia conformità” e l’illegittimità delle opere eseguite. Anche il CdS ha respinto le argomentazioni del ricorrente, inclusa quella sulla presunta inclusione tardiva dell’immobile nella zona rossa.
La successiva istanza di sanatoria basata sul D.L. 69/2024 (decreto “Salva casa”) non ha inciso sull’esito del giudizio in corso, ma potrebbe solo sospendere l’efficacia dell’ordinanza di demolizione, in attesa della pronuncia del Comune sulla nuova domanda.
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